"Qui a Piombino tra sogno e catastrofe"
Viaggio nella città in bilico da mesi tra la speranza di un grande rilancio e la temuta chiusura dell'acciaieria Lucchini
REPUBBLICA.IT 11/4/2014dal nostro inviato LAURA MONTANARI"Se chiude la Lucchini è una tragedia a catena, altro che duemila, finisce l'industria e anche il commercio e la città come la vedete. Guardatevi intorno, possiamo vivere di turismo?" chiede Francesco, 23 anni, diploma di perito meccanico, già rottamato dall'industria siderurgica in crisi e ora disoccupato in cerca di una ripartenza. "Un giorno dicono che arriverà la Concordia, un altro dicono che andrà a Genova. Un giorno arriva Khaled alla Lucchini e sembra la manna al cielo, un altro ci siamo illusi potesse venire Khaled e adesso l'altoforno si spegne. Siamo vittime di un futuro ogni giorno diverso". C' è sempre un dritto e un rovescio in ogni medaglia, "ma da qui vediamo soltanto il lato della paura" dice Letizia Rosa davanti al suo negozio di frutta, verdure e alimentari di piazza Gramsci. "Vendevamo primizie, un tempo", quando lei faceva la commessa. "Poi l'ho rilevato e ho aperto un mutuo, un altro l'ho preso per la casa: 19 anni ancora da pagare. Ce la facciamo ad arrivare a fine mese e a saldate tutti i conti, vabbè il suolo pubblico a spetto qualche settimana... però sul resto delle bollette sono puntuale anche se mio marito è in cassaintegrazione e da 1.300 euro è passato a 1.000 negli ultimi 7 mesi: ma se lo licenziano?". Letizia si ferma e guarda per terra: "Quanta fatica, sono in negozio dalle 6 alle 21, tutti i giorni, con mezza giornata di riposo la domenica.Aiuto mio figlio a fare i compiti nel retrobottega". Sconti, promozioni, grandi affari: le vetrine sono piene di nuvolette appiccicate ai vetri. Ciascuno prova a riattivare i consumi come può. "Costumi a 13 euro" si legge da Sottolecoperte. "In meno di un chilometro in un paio d' anni hanno chiuso 15 negozi e due alberghi spiega Cecilia, al banco dello storico Bar Nazionale- C' è meno lavoro pure per cappuccini e caffè". Cosìi desideri volano: "Ci penso sì, ad andare via, invece resterò a lottare, Piombino non deve arrendersi. Anzi deve rinascere". In molti sentono che la stanza dei bottoni è in qualche altrove e sopra le teste della gente: qualcuno vede complotti, qualcuno il capolinea di un'epoca, un cambiamento di rotta. "Siamo come quel fumo sopra la ciminiera di Afo, non sa da che parte va, dipende da dove tira il vento" dice Piero, tuta nera Lucchini diventata grigia a furia di lavaggi. Il problema è trovare un vento, una Concordia da spolpare, le navi della marina da demolire, altre vie di fuga: "Non c' è un'alternativa all'acciaio, lo volete capire? Siamo ancorati a quella fabbrica lì, il resto non basteràa tenercia galla" racconta Ettore Puccini, segretario del circolo Arci del Cotone.
E' il vecchio quartiere delle case popolari ex Italsider dove adesso ci sono soltanto pensionati che giocano alle carte al bar o immigrati: "Chi ha messo dei soldi da parte non vuole stare dove c' era il cuore del proletariato operaio" dice Puccini. Si prova sempre a salire qualche gradino: "Hanno preso casa a Salivoli, mica davanti al parco rottami". "La classe operaia si è adagiata, si lavora per comprare l'iphone. Dov' è finita la solidarietà e le lotte?" chiede Mangi afoco, al secolo Daniele, che riemerge dalle cucine della più antica fiaschetteria di Piombino. Un secondo fra i 5 e gli 8 euro, menù di Pasqua a 35. "Bisogna tenere i prezzi bassi perché la gente non compra" predica un fornaio, a ridosso dell'area pedonale: "nella via hanno chiuso due negozi di abbigliamento". Il Comune fornisce dati rassicuranti: "Più aperture che chiusure" ma camminando nel centro i cartelli vendesi, affittasi fondo sono troppi per credere ai numeri ufficiali. "Vendiamo il 60% in meno delle case e i prezzi sono crollati del 30" spiega Roberto Masini, titolare di una immobiliare. Per capire il disorientamento bisogna andare davanti ai cancelli di questa acciaieria che ha una storia lunga quanto l'Italia unita: "Qui succede un disastro e nessuno ne parla. Ci sono più di duemila famiglie che rischiano il posto: dove sono tutti?" si sfoga un operaio. "Siamo passati in mezzo a molte crisi, nessuno pensa davvero che possa finire e invece il rischio non è la chiusura della Lucchini , ma la chiusura di Piombino" spiega Andrea Bartolini, 42 anni, una moglie disoccupata, un figlio di 18 mesi. Dove sono "tutti"? Nessuno si senta escluso. L'appello è anche per il Papa. Avete letto bene, il Papa. E' giorno di casting da queste parti, si gira un documentario sulla condizione degli operai in questo momento di passaggio. E' un progetto che Klaus Davi, giornalista, opinionista, sta realizzando per la Brw Filmland col patrocinio dell'area comunicazione della Cgil Toscana. Assieme al documentario, un dvd con l'appello al Pontefice. Così gli operai entrano nella stanza spoglia del consiglio di fabbrica e si siedono davanti alla telecamera. Nome e cognome. "Patrick Nicolae". Cappellino Puma in testa. "Può tenerlo, guardi la telecamera, vuole dire qualcosa al Papa?". Attimo di sconcerto: Nicolae, romeno, operaio Lucchini, punta l'obiettivo: "Santo Padre, pregate per noi, la situazione qui è un casino.... abbiamo figli, mogli se ci manca il lavoro non sapremo come mangiare". Ava nti un altro. Al casting ieri alla Cgil si sono presentati in venti, gli altri sono stati reclutati nello stabilimento. Le scale che portano al consiglio di fabbrica sono piene di polvere e i muri hanno la patina grigia che copre il rosso dei mattoni. Gli operai arrivano uno alla volta e ci mettono la faccia. "Io sono timido" dice prendendo posto sulla sedia Andrea Galli. "Può leggere questi versi di Dante?" chiede Klaus Davi. E lui: "Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura...". "Guardi pure la telecamera, cosa direbbe al Papa?". Ecco: "Sua Santità, può occuparsi di noi?".
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