domenica 27 aprile 2014

Lucchini, fari puntati sulla Jsw di Sajjan Jindal

L’industriale siderurgico indiano è atteso per una visita nei prossimi giorni Ma ora servono imprenditori per sfruttare il nuovo contesto e i soldi dell’Accordo


    di Cristiano Lozito
    PIOMBINO. La due diligence sulle offerte per la Lucchini slitterà di un paio di settimane, ma il 30 maggio resta il termine per la presentazione delle offerte vincolanti.
    Nei giorni scorsi hanno visitato la fabbrica tecnici dell’ucraina Steelmont, ma si sa che la vera battaglia è tra i due fratelli Jindal: Naveen, il minore, è un industriale siderurgico ma il suo interesse principale è l’energia, e infatti nel 2012 si era già interessato alla Lucchini, immaginata però in combinazione con la centrale Enel da trasformare a carbone.
    In realtà invece è Sajjan, il maggiore, a occupare la pole: guida un gruppo siderurgico, la Jsw, da 4 miliardi di fatturato, ha presentato un’offerta per i laminatoi, ma fonti qualificate sostengono che sarebbe interessato anche a un forno elettrico da accoppiare con un Corex, impianto che è già in uso in alcune delle sue fabbriche. Nei prossimi giorni è atteso a Piombino per incontrare istituzioni e sindacati. A persuaderlo della bontà dell’affare potrebbero essere non solo gli incentivi promessi dalla Regione (intorno ai 60 milioni), ma anche il rinnovato contesto che si sta realizzando a Piombino, e in particolare l’ampliamento e le bonifiche sul porto, oltre al miglioramento infrastrutturale legato all’indispensabile completamento della strada 398 su cui ci sono impegni (verrà inserito nel cronoprogramma), ma non denaro, che pure il governo si è impegnato a trovare nel giro di pochi mesi.
    La Jsw non ha impianti in Europa, la collocazione geografica di Piombino e la nuova logistica portuale potrebbero rappresentare un elemento decisivo per convincere Sajjan a un investimento importante, in grado di ridare un futuro produttivo allo stabilimento piombinese.
    Certo l’Accordo di programma dà indicazioni che non sono dirette solo alla siderurgia. Anzi, il pensiero di fondo che sostiene l’Accordo è proprio quello di allargare il quadro produttivo e di uscire dalla monocultura siderurgica che da sempre ha retto, ma pure ingessato, l’economia piombinese. Ecco dunque che l’Accordo produce qualcosa di più di un contesto favorevole. In totale infatti ci sono 252 milioni di risorse pubbliche destinati a Piombino, che comprendono anche gli investimenti decisi lo scorso agosto per il porto: dal Governo in totale vengono 110 milioni, di cui 50 per le bonifiche, 20 per gli incentivi agli investimenti, 40 per l’ammodernamento del porto. Dalla Regione 142 milioni: 62 per gli incentivi (Corex), 70 per il porto e 10 per le bonifiche portuali.
    Ma ora servono gli imprenditori, non solo per la Lucchini, ma per tutto quello che dovrà costruire il nuovo sistema economico locale, porto e piccole e medie imprese. Ieri s’interrogava sul loro ruolo anche il presidente della Regione, Enrico Rossi, in un post sul suo profilo facebook: «Il capitalismo italiano dov’è? Esiste ancora? O si accontenta di ottenere concessioni pubbliche? Senza chiamare il capitalismo italiano alle proprie responsabilità, non si arresterà il declino industriale».
    Questo è il punto: perché senza imprenditori disposti a rischiare sul nostro territorio, nessun Accordo di programma potrà garantire il rilancio di Piombino e della Val di Cornia.
    26 aprile 2014   
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