mercoledì 30 aprile 2014

Lucchini, fratelli miliardari indiani rivali in trattative acquisto 

mercoledì 30 aprile 2014 13:59




 


NEW DELHI/LONDRA, 30 aprile (Reuters) - Due miliardari indiani, i fratelli Naveen and Sajjan Jindal, sono impegnati in trattative distinte per l'acquisto di parti dell'azienda siderurgica Lucchini, riferiscono fonti a diretta conoscenza del dossier.
Il secondo produttore siderurgico italiano sta cercando da anni acquirenti, e nei giorni scorsi ha spento l'altoforno di Piombino, mettendo a rischio 4.000 posti di lavoro.
Per i fratelli Jindal - a capo rispettivamente della Jindal Steel Power e JSW Steel - Lucchini rappresenterebbe un'opportunità di espansione delle operazioni al di fuori dell'India, dove la crescita nella domanda di acciaio resta ancora debole.
Per un investimento del genere non dovrebbero neanche intaccare la propria fortuna, valutata complessivamente da Forbes in 5 miliardi di dollari, visto che con i pesanti debiti accumulati e la necessità di salvare i posti di lavoro l'azienda potrebbe essere acquistata per pochi soldi.
La Lucchini, in precedenza di proprietà della russa Severstal, è stata dichiarata insolvente nel 2012, quindi posta sotto "amministrazione straordinaria" - una procedura prevista per salvare le grandi aziende evitando un'emorragia di posti di lavoro.
L'altoforno di Piombino lavorava al 38% della sua capacità quest'anno, producendo 2.300 tonnellate di ghisa al giorno, all'interno di un polo siderurgico che lo scorso anno ha prodotto circa un milione di tonnellate di acciaio - il 4% della produzione italiana.
Lucchini possiede anche un impianto a Lecco per la produzione di barre d'acciaio semilavorato.
"Il nostro interesse è ancora preliminare al momento, ma hanno alcuni impianti che sembrano interessanti", ha detto una fonte della Jindal Steel. "Non penso che ci interessi molto l'altoforno".
Un'altra fonte della Jindal Steel ha confermato l'interesse dell'azienda per gli stabilimenti Lucchini.
Anche JSW è interessata agli impianti e i suoi dirigenti potrebbero recarsi in visita in Italia la settimana prossima, hanno riferito a Reuters una fonte aziendale e un'altra del settore. La settimana scorsa Mirko Lami, della Fiom Cgil, aveva parlato della possibile offerta delle due aziende indiane. Il sindacalista ha detto di aver ricevuto informalmente dalla Lucchini la notizia di un vertice tra JSW, azienda italiana e governo, ma di non conoscerne la data. E anche una fonte vicina a Lucchini ha riferito di non sapere nulla di tale incontro.
Le fonti non sono state in grado di dire quando potrebbe essere assunta la decisione della vendita. Né Lucchini né Jindal Steel hanno commentato.
Un portavoce di JSW ha detto soltanto che "nell'ambito della propria strategia di crescita, l'azienda punta a valutare opportunità di crescita".
E' la seconda volta, negli ultimi tempi, che i due fratelli Jindal sono in competizione per una possibile acquisizione, dopo quella per gli impianti indiani per il ferro grezzo dal trader britannico Stemcor. Un accordo che però non si è ancora concretizzato.
A marzo la Duferco, il più grande dealer mondiale di acciaio, ha detto che non avrebbe fatto un'offerta per Piombino, perché non si potrebbe impegnare a mantenere tutti i posti di lavoro e l'attuale altoforno in funzione.
dal sito it.reuters.com

Primo maggio: la festa non è finita…


dal sito www.gigirichetto.it



bellone
Quella che vi consegno è una memoria che ha centodieci anni. Parla del nostro popolo e dell’inizio intrepido e glorioso del proletariato valsusino. Parla di scalpellini, dei “picapera” di San Giorio, che costituiscono, su ispirazione del maestro Virgilio Bellone (dirigente socialista e poi tra i fondatori con Gramsci del Partito Comunista d’Italia a Livorno), la prima lega di resistenza e festeggiano per la prima volta la festa dei lavoratori.
I “professionisti della legalità” cercano di fermarli, ma non ci riescono, come oggi del resto…Ecco un po’ di radici, belle e degne, della “Valle che resiste”!
Diamo dunque la parola al racconto di Virgilio Bellone, che intervistai e registrai a 96 anni, lucido e indomito come allora. (gigi richetto)
“1 maggio 1903: una trentina di scalpellini di San Giorio (Susa), seguendo l’esempio degli scalpellini di Villarfocchiardo, si costituirono in lega di resistenza aderente alla Federazione Edilizia di Torino. Allora, secondo la stagione si lavorava 10-12 ore il giorno a 3 lire giornaliere. Gli scalpellini si radunavano per lo più il sabato sera in una stanzaccia mezza granaio e mezza fienile, lassù nella frazione montana dei Martinetti, dove c’erano anche le cave di pietra. Non sempre si discorreva degli interessi della categoria; molte volte uno della compagnia leggeva ad alta voce qualcuno degli opuscoletti da uno o due soldi che circolavano e che portavano la firma degli esponenti maggiori del socialismo italiano: Prampolini, Bissolati, Turati, Morgari…E su quegli opuscoletti si discuteva a lungo. Durante l’inverno i lavoratori s’erano fatti arrivare da Milano una copia dell’Inno dei lavoratori, musicato, che con la guida d’una cornetta impararono a cantare egregiamente. I carabinieri di Bussoleno non tardarono a fare un loro sopralluogo, giusto un sabato sera. Vollero il nome degli aderenti alla lega; avvertirono di non fare della politica e consigliarono di bruciare il materiale propagandistico che gli scalpellini tenevano in sede; quindi se ne andarono in pace.
Ed eccoci al primo maggio 1904, giornata limpida e tiepida. Non avendo potuto avere da Torino un oratore della giornata, decisero di festeggiare per la prima volta la grande data. Primo: astensione dal lavoro; secondo: corteo pomeridiano lungo la via principale del capoluogo al canto dell’Inno dei lavoratori a tempo di marcia; terzo: una merenda sull’erba fra i ruderi del vecchio castello feudale. Quando il corteo degli scalpellini, a cui s’erano aggiunti alcuni artigiani locali, sfilò cantando in mezzo al paese, molta gente, specie donne e ragazzi, s’affacciarono agli usci delle case a osservare e a commentare. Commenti in gran parte negativi e di scongiuro. Come poteva essere concepibile una “processione” di soli uomini e senza l’accompagnamento di preti, di ceri, di canti liturgici? Era forse venuta l’era dell’Anticristo? Più tardi seguì la merenda sociale. Sul più bello piombarono i carabinieri di Bussoleno. Silenzio generale. I due tutori dell’ordine chiesero chi fossero i promotori della festa. Avuta risposta che promotori erano tutti i convenuti in quanto la cosa era stata deliberata in assemblea, il brigadiere dichiarò la lega in contravvenzione per avere fatto il corteo senza il preavviso alla Autorità di Pubblica Sicurezza locale. Cento lire di ammenda o accettare che il verbale di contravvenzione andasse alla Pretura mandamentale, con tutte le conseguenze di legge. Questi poveri diavoli trasecolarono.
Un vecchio scalpellino, tutto bianco di capelli e di barba, abbronzato dalle lunghe intemperie, con una vocina che tradiva la silicosi avanzata, disse al brigadiere che a quanto risultava lo Statuto del Regno d’Italia permetteva ai cittadini di adunarsi pacificamente senz’armi…’Tutto bene’, fece osservare il brigadiere, ‘purchè ci si uniformi alla legge di Pubblica Sicurezza che ne regola l’esercizio nell’interesse dell’ordine pubblico’.
Il vecchio scalpellino non perdette la bussola davanti alla forza maggiore. Si rivolse ai suoi compagni con brevi parole: ‘Non lasciamo che per la prima volta che festeggiamo il primo maggio le cose finiscano in brutto. Mettiamo la mano nel taschino e leviamo quello che possiamo: due soldi, dieci soldi, una lira, due lire, cinque lire: ciascuno faccia del suo meglio. Pagheremo la multa seduta stante. Mise il suo cappellaccio rovesciato sull’erba e vi gettò dentro per primo il suo obolo. Lo seguirono a gara i compagni – una cinquantina – e dopo cinque minuti fecero il computo del ricavato: c’erano là sull’erbetta fresca 107 lire! Scoppiò un urlo; allora il vecchio bianco per antico pelo chiamò a sé due giovani in gamba e disse forzando la voce che tutti sentissero: le sette lire in soprannumero fan mezza brenta di vino. Prendetele voi due, e scendete dal Cesarino; fatevi dare un’altra damigiana…”
Grandi applausi e grida di viva il Primo Maggio. Poi echeggiò nell’aria un’altra volta l’inno: ‘Su fratelli, su compagni…”.

Festa del PRIMO MAGGIO a Condove

Lavoratori LUCCHINI VERTEK PRESENTI  !!!



I lavoratori della Lucchini Vertek di Condove saranno presenti in piazza Martiri della Libertà con il loro gazebo informativo 

Invitiamo i lavoratori Vertek a presentarsi in piazza del Comune muniti di pettorina a partire dalle ore 10

Invitiamo inoltre i lavoratori delle aziende Valsusine a presenziare alla manifestazione 





Ringraziamo la Pro Loco Condove per l'invito e l'organizzazione dell'evento

WWW.SALVIAMOLAVERTEK.BLOGSPOT.IT

martedì 29 aprile 2014

Il Primo maggio: storia e significato di una ricorrenza



Origini del Primo maggio 
Il 1° maggio nasce il 20 luglio 1889, a Parigi. A lanciare l'idea è il congresso della Seconda Internazionale, riunito in quei giorni nella capitale francese :
"Una grande manifestazione sarà organizzata per una data stabilita, in modo che simultaneamente in tutti i paesi e in tutte le città, nello stesso giorno, i lavoratori chiederanno alle pubbliche autorità di ridurre per legge la giornata lavorativa a otto ore e di mandare ad effetto le altre risoluzioni del Congresso di Parigi".
Poi, quando si passa a decidere sulla data, la scelta cade sul 1 maggio. Una scelta simbolica: tre anni prima infatti, il 1 maggio 1886, una grande manifestazione operaia svoltasi a Chicago, era stata repressa nel sangue. 

Man mano che ci si avvicina al 1 maggio 1890 le organizzazioni dei lavoratori intensificano l'opera di sensibilizzazione sul significato di quell'appuntamento.

"Lavoratori - si legge in un volantino diffuso a Napoli il 20 aprile 1890 - ricordatevi il 1 maggio di far festa. In quel giorno gli operai di tutto il mondo, coscienti dei loro diritti, lasceranno il lavoro per provare ai padroni che, malgrado la distanza e la differenza di nazionalità, di razza e di linguaggio, i proletari sono tutti concordi nel voler migliorare la propria sorte e conquistare di fronte agli oziosi il posto che è dovuto a chi lavora. Viva la rivoluzione sociale! Viva l'Internazionale!".
Monta intanto un clima di tensione, alimentato da voci allarmistiche: la stampa conservatrice interpreta le paure della borghesia, consiglia a tutti di starsene tappati in casa, di fare provviste, perché non si sa quali gravi sconvolgimenti potranno accadere.

Da parte loro i governi, più o meno liberali o autoritari, allertano gli apparati repressivi.
In Italia il governo di Francesco Crispi usa la mano pesante, attuando drastiche misure di prevenzione e vietando qualsiasi manifestazione pubblica sia per la giornata del 1 maggio che per la domenica successiva, 4 maggio.

In diverse località, per incoraggiare la partecipazione del maggior numero di lavoratori, si è infatti deciso di far slittare la manifestazione alla giornata festiva.

Del resto si tratta di una scommessa dall'esito quanto mai incerto: la mancanza di un unico centro coordinatore a livello nazionale - il Partito socialista e la Confederazione generale del lavoro sono di là da venire - rappresenta un grave handicap dal punto di vista organizzativo. Non si sa poi in che misura i lavoratori saranno disposti a scendere in piazza per rivendicare un obiettivo, quello delle otto ore, considerato prematuro da gran parte dei dirigenti del movimento operaio italiano o per testimoniare semplicemente una solidarietà internazionale di classe.

Proprio per questo la riuscita del 1 maggio 1890 costituisce una felice sorpresa, un salto di qualità del movimento dei lavoratori,che per la prima volta dà vita ad una mobilitazione su scala nazionale, per di più collegata ad un'iniziativa di carattere internazionale.

In numerosi centri, grandi e piccoli, si svolgono manifestazioni, che fanno registrare quasi ovunque una vasta partecipazione di lavoratori. Un episodio significativo accade a Voghera, dove gli operai, costretti a recarsi al lavoro, ci vanno vestiti a festa.
"La manifestazione del 1 maggio - commenta a caldo Antonio Labriola - ha in ogni caso superato di molto tutte le speranze riposte in essa da socialisti e da operai progrediti. Ancora pochi giorni innanzi, la opinione di molti socialisti, che operano con la parola e con lo scritto, era alquanto pessimista".
Anche negli altri paesi il 1 maggio ha un'ottima riuscita:
"Il proletariato d'Europa e d'America - afferma compiaciuto Fiedrich Engels - passa in rivista le sue forze mobilitate per la prima volta come un solo esercito. E lo spettacolo di questa giornata aprirà gli occhi ai capitalisti".
Visto il successo di quella che avrebbe dovuto essere una rappresentazione unica, viene deciso di replicarla per l'anno successivo. 
Il 1 maggio 1891 conferma la straordinaria presa di quell'appuntamento e induce la Seconda Internazionale a rendere permanente quella che, da lì in avanti, dovrà essere la "festa dei lavoratori di tutti i paesi".


Tra Ottocento e Novecento
Inizia così la tradizione del 1 maggio, un appuntamento al quale il movimento dei lavoratori si prepara con sempre minore improvvisazione e maggiore consapevolezza. L'obiettivo originario delle otto ore viene messo da parte e lascia il posto ad altre rivendicazioni politiche e sociali considerate più impellenti. La protesta per le condizioni di miseria delle masse lavoratrici anima le manifestazioni di fine Ottocento.

Il 1 maggio 1898 coincide con la fase più acuta dei "moti per il pane", che investono tutta Italia e hanno il loro tragico epilogo a Milano. Nei primi anni del Novecento il 1 maggio si caratterizza anche per la rivendicazione del suffraggio universale e poi per la protesta contro l'impresa libica e contro la partecipazione dell'Italia alla guerra mondiale.

Si discute intanto sul significato di questa ricorrenza: giorno di festa, di svago e di divertimento oppure di mobilitazione e di lotta ?

Un binomio, questo di festa e lotta, che accompagna la celebrazione del 1 maggio nella sua evoluzione più che secolare, dividendo i fautori dell'una e dell'altra caratterizzazione.

Qualcuno ha inteso conciliare gli opposti, definendola una "festa ribelle", ma nei fatti il 1 maggio è l'una e l'altra cosa insieme, a seconda delle circostanze più lotta o più festa.

Il 1 maggio 1919 i metallurgici e altre categorie di lavoratori possono festeggiare il conseguimento dell'obiettivo originario della ricorrenza: le otto ore. 


Il ventennio fascista
Nel volgere di due anni però la situazione muta radicalmente: Mussolini arriva al potere e proibisce la celebrazione del 1 maggio.

Durante il fascismo la festa del lavoro viene spostata al 21 aprile, giorno del cosiddetto Natale di Roma; così snaturata, essa non dice più niente ai lavoratori, mentre il 1 maggio assume una connotazione quanto mai "sovversiva", divenendo occasione per esprimere in forme diverse - dal garofano rosso all'occhiello alle scritte sui muri, dalla diffusione di volantini alle bevute in osteria - l'opposizione al regime.


Dal dopoguerra a oggi
All'indomani della Liberazione, il 1 maggio 1945, partigiani e lavoratori, anziani militanti e giovani che non hanno memoria della festa del lavoro, si ritrovano insieme nelle piazze d'Italia in un clima di entusiasmo.

Appena due anni dopo il 1 maggio è segnato dalla strage di Portella della Ginestra, dove gli uomini del bandito Giuliano fanno fuoco contro i lavoratori che assistono al comizio.

Nel 1948 le piazze diventano lo scenario della profonda spaccatura che, di lì a poco, porterà alla scissione sindacale. Bisognerà attendere il 1970 per vedere di nuovo i lavoratori di ogni tendenza politica celebrare uniti la loro festa.

Le trasformazioni sociali, il mutamento delle abitudini ed anche il fatto che al movimento dei lavoratori si offrono altre occasioni per far sentire la propria presenza, hanno portato al progressivo abbandono delle tradizionali forme di celebrazione del 1 maggio.

Oggi un'unica grande manifestazione unitaria esaurisce il momento politico, mentre il concerto rock che da qualche anno Cgil, Cisl e Uil organizzano per i giovani sembra aderire perfettamente allo spirito del 1 maggio, come lo aveva colto nel lontano 1903 Ettore Ciccotti:
"Un giorno di riposo diventa naturalmente un giorno di festa, l'interruzione volontaria del lavoro cerca la sua corrispondenza in una festa de'sensi; e un'accolta di gente, chiamata ad acquistare la coscienza delle proprie forze, a gioire delle prospettive dell'avvenire, naturalmente è portata a quell'esuberanza di sentimento e a quel bisogno di gioire, che è causa ed effetto al tempo stesso di una festa".


fonte: Cgil di Roma e del Lazio - Archivio Storico


Il Sole 24 Ore

Rush finale per i bandi Lucchini

di Matteo Meneghello   26/4/2014




Archiviato lo spegnimento dell'altoforno e l'accordo di programma, si apre ora «l'ultimo miglio» per perfezionare la cessione delle attività del gruppo Lucchini. L'azienda è in amministrazione straordinaria dal dicembre 2012. Il commissario Piero Nardi in questi mesi ha pubblicato 4 bandi: tre per la vendita degli asset toscani (con attività collegate in Lombardia e Piemonte), uno per la Ferriera di Servola. L'obiettivo è concludere le gare entro fine maggio.
I primi tre bandi, relativi alla cessione delle attività di Piombino-Lecco, di Gsi e di Vertek, sono stati pubblicati il 20 dicembre. Ad oggi sono 6 i soggetti in gara per il primo bando, con i quali è in corso la due diligence: nessuno di questi ha manifestato interesse per l'area a caldo (lo spegnimento dell'afo è stato avviato giovedì). Le indiane Jindal south west e Jindal steel power sono interessate a Piombino, mentre la partnership Duferco-Feralpi punta su Lecco. Anche l'operatore ucraino (ma di origine indiana) Steel Mont, dopo i primi approfondimenti della due diligence, sta rivolgendo la sua attenzione soprattutto al laminatoio dell'Arlenico. Un interesse confermato da una recente visita di una delegazione della società a Lecco (erroneamente scambiata nei giorni scorsi per un'avanguardia di Jindal). Fonti dal territorio confermano che anche gli emissari di Duferco-Feralpi avrebbero visitato recentemente il Caleotto. Un operatore straniero, infine, punta sulla cokeria di Piombino.  Il secondo bando riguarda Vertek (la società possiede impianti a Piombino e a Condove, in provincia di Torino, dove lavorano 94 addetti) per la quale si sono fatti avanti tre soggetti, tutti italiani. Un operatore è interessato solo a Piombino, gli altri due puntano principalmente su Condove: la due diligence sarà avviata a breve.
Il terzo bando ha per oggetto la partecipazione del 69% nella società toscana Gsi, specializzata nella produzione di sfere d'acciaio per il settore minerario. Anche in questo caso la due diligence sarà avviata entro breve tempo. Sette le società in gara: sei sono straniere, una (secondo una fonte industriale si tratterebbe di Acciaierie Venete) è italiana.
Infine, resta il bando per la Ferriera di Servola, l'ultimo pubblicato. Al momento sono due le manifestazioni di interesse in campo: la prima è riconducibile al gruppo Arvedi, la seconda a un soggetto straniero (sostenuto da un partner italiano). Entrambe le proposte sono incomplete, ma mentre per Arvedi (che ha elaborato da mesi un progetto per Trieste) si tratterebbe di dettagli, per l'altro soggetto sono attese integrazioni di maggiore rilievo.

lunedì 28 aprile 2014

LUCCHINI: ACCORDO DI PROGRAMMA, ALCUNE ANALISI


L'altoforno Lucchini ormai spento
L’altoforno Lucchini ormai spento
Riportiamo alcune analisi sul recente accordo di programma per il salvataggio della Lucchini. La prima dalla Regione Toscana, la seconda dalla CISL, la terza dalla lista civica “Un’Altra Piombino” sponsorizzata da SEL.
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REGIONE TOSCANA: I PUNTI QUALIFICANTI DELL’ACCORDO
FIRENZE – Ringrazio il Pontefice che ha risposto ai lavoratori e la sua risposta ha proiettato sul piano nazionale la vicenda di Piombino. Con queste parole il presidente della Regione Toscana commenta a Palazzo Chigi la firma dell’accordo di programma per la ricoversione ecologia della siderurgia.
Il presidente ha poi proseguito ringraziando i lavoratori per la maturità, la passione e la competenza dimostrata in questa vicenda. Oggi a Piombino è un giorno triste, ha aggiunto ancora, si sono avviate le procedure per spegnere l’altoforno. Una vicenda che viene vissuta con la morte nel cuore, si chiudono 150 anni di storia.
L’accordo di programma firmato oggi, ha proseguito il presidente, rappresenta la speranza e la determinazione delle istituzioni e dei lavoratori di ricostruire l’area a caldo, di fare di Piombino il centro italiano dove si continuerà a produrre acciaio in modo più ambientalmente sostenibile e con un maggior risparmio energetico. Insomma Piombino entro due o tre anni sarà un centro siderurgico all’avanguardia in Europa. Si chiude un vecchia e gloriosa storia industriale ma, ha concluso, con questa firma si riapre una nuova storia con l’obiettivo di continuare produrre acciaio a Piombino.
Si chiama “Disciplina degli interventi per la riqualificazione e la riconversione del polo industriale di Piombino”: è l’accordo di programma firmato a Roma dal presidente della Regione Toscana con la Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministero dello sviluppo economico, il Ministero della Difesa, il Ministero delle Infrastrutture e Trasporti, il Ministero dell’Ambiente, il Ministero del lavoro e politiche sociali. Gli altri firmatari sono la provincia di Livorno, il Comune di Piombino, l’Autorità Portuale di Piombino, l’Agenzia del Demanio e l’Agenzia Nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa spa.
Grazie a questo accordo a Piombino tra il polo siderurgico e il porto arrivano 252 milioni. 110 milioni dal Governo, 142 milioni dalla Regione
• Dal Governo: 50 mln per le bonifiche e 20 mln per incentivi agli investimenti.
• Dalla Regione 62 mln per incentivi e 10 mln per bonifiche delle aree portuali
• Dal Governo per l’ammodernamento del porto 40 milioni e dalla Regione per il porto 70 milioni
Mancano al momento le risorse per la viabilità di raccordo tra il porto e la superstrada, ma nell’accordo c’è nero su bianco l’impegno del governo a “ricercare le risorse per il completamento dell’autostrada tirrenica prevedendo anche un integrazione di risorse pubbliche”.
L’accodo sancisce l’impegno complessivo di tutti i soggetti a fare di Piombino un polo siderurgico fra i più competitivi ed ecologici d’Europa
L’accordo ribadisce che “é interesse dei soggetti sottoscrittori del presente accordo di programma, in un arco temporale definito e concordato, il recupero ambientale e la riqualificazione delle attività produttive, la reindustrializzazione e la salvaguardia dei livelli occupazionali, previo risanamento ambientale delle aree interessate.”
Viene definito “Obiettivo comune” il “sostegno a processi di trasformazione industriale del ciclo produttivo di metallo liquido dello stabilimento Lucchini spa di Piombino” grazie a tecnologie che presentino “un miglioramento delle prestazioni ambientali ed energetiche del processo a caldo” e che “consentano maggiore flessibilità produttiva, ivi compreso l’uso della fusione elettrica”.
L’accordo ribadisce che “una delle potenziali direttrici di reindustrializzazione dell’area è costituita dal potenziamento delle attività portuali” attraverso “attività di smantellamento delle navi di manutenzione e refitting navale” anche grazie ad “un adeguato bacino di galleggiamento e/o carenaggio” .
Il Governo si impegna “a rendere disponibili navi da smantellare del Ministero della Difesa” e lo stesso Ministero entro tre mesi da oggi definirà un “cronoprogramma” di dismissione “anche in termini di numerosità e tonnellaggio”. Il ministro Pinotti ha confermato che sono già in lista di attesa per la rottamazione 38 navi.
L’accordo definisce “una complessiva e unitaria manovra di intervento sull’area di crisi industriale complessa di Piombino” con un “progetto di messa in sicurezza, riconversione e riqualificazione dell’area industriale.”
Tre gli assi di intervento dell’accordo.
• Il primo riguarda la riqualificazione ambientale e produttiva del sito produttivo con due azioni: a) la riconversione e l’efficientamento energetico e il miglioramento ambientale del ciclo dello stabilimento e b) il progetto integrato di messa in sicurezza e reindustrializzazione delle aree della Luccini (proprietà e concessione) nel comune di Piombino.
• Il secondo riguarda la riconversione e riqualificazione produttiva dell’area di crisi industriale complessa di Piombino con 4 azioni: a) il potenziamento della viabilità dell’area portuale con il completamento della bretella con l’autostrada A12 – Lotto Gagno-Montegemoli b) il potenziamento delle attività portuali per smantellamento, manutenzioni e refitting navale c) il rafforzamento produttivo dell’area di crisi industriale di Piombino d) la razionalizzazione delle infrastrutture energetiche del polo industriale di Piombino
• Il terzo riguarda le politiche attive del lavoro e le misure di reimpiego anche in progetti di riconversione. Due le azioni: a) riqualificazione del personale b) misure per il reimpiego anche in progetti di riconversione
Per quanto riguarda il progetto di riconversione dello stabilimento Lucchini (asse 1 azione 1) Ministero dell’economia e Regione valutano la possibilità di incentivare uno o più progetti rivolti a maggiore efficienza energetica e riduzione dell’impatto ambientale. Entro 6 mesi dall’acquisto del complesso industriale (tutto o in parte) l’acquirente deve chiedere le agevolazioni.
Per quanto riguarda la bretella di collegamento all’Autostrada, il Governo si impegna a indire la conferenza dei servizi che approvi il progetto definitivo del tratto Geodetica – Gagno entro luglio 2014. Per il tratto da Gagno a Poggio Batteria, dove esiste da parte di Sat la sola progettazione, il Governo si impegna a individuare risorse aggiuntive.
Regione, Provincia, Comune di Piombino e Autorità portuale costituiscono una Cabina di Regia, aperta ai sindacati, per coordinare gli interventi e i rapporti con i Ministeri firmatari dell’accordo.
con accordo di programma evitato il peggio.
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L’ANALISI DEL SEGRETARIO NAZIONALE DELLA CISL BENTIVOGLI
Riceviamo e pubblichiamo integralmente dall’ufficio stampa della Cisl.
Firmato nella giornata di ieri l’accordo di programma per rilanciare l’area siderurgica di Piombino con un investimento di circa 270 milioni di euro. Il segretario nazionale Fim Cisl Marco Bentivogli intervenendo a “Prima di tutto” Gr1 Rai sulla vicenda della Lucchini dichiara: ieri è stato un brutto giorno per i lavoratori e la città di Piombino, dopo circa 150 anni è stato spento l’alto forno cuore pulsante dell’economia e del lavoro della città.
La buona notizia è la firma dell’accordo che ridà prospettiva – “c’è da dire però che aspettavamo l’accordo per Natale dello scorso anno, purtroppo la politica è sempre in ritardo sul mondo reale” – e commentando i contenuti dell’intesa: “ sono tre gli assi d’impegno; il primo per rilanciare il polo siderurgico attraverso azioni che riguardano l’impegno a rinnovare l’alto forno con modalità tecnologicamente più competitive e ecologicamente sostenibile; la seconda attraverso la bonifica delle aree e la realizzazione a Piombino di un grande polo di smaltimento delle navi, misure quest’ultime che potrebbero rappresentare una prospettiva di sviluppo importante per Piombino perché come previsto dalle nuove normative europee le navi dovranno essere smaltite sul continente”.
A tal proposito “l’adeguamento del bacino portuale, da realizzarsi entro settembre, permetterà lo smaltimento di circa 38 navi militari e potrebbe rappresentare una buona possibilità anche per lo smaltimento della Costa Concordia, Governo e commissario straordinario dovrebbero ripensare a questa possibilità”.
E sulla possibilità di acquisto della Lucchini da parte di operatori stranieri – Bentivogli sottolinea come gli imprenditori italiani come al loro solito si sono ripiegati e attacca – in Italia abbiamo un ceto imprenditoriale che si fa vivo solo quanto può speculare. Il settore siderurgico – conclude il segretario della Fim – “non è un settore tra i tanti, per un paese come al nostro, senza materie, non avere un settore primario è una follia. Governo italiano e Commissione Europea se ne sono accorti troppo tardi, servirebbe un Draghi della siderurgia”.
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UN ALTRA PIOMBINO: QUESTO ACCORDO NON SALVA LA CITTA’
Riceviamo e pubblichiamo integralmente dalla lista civica piombinese “Un’altra Piombino”.
Abbiamo sperato che questo accordo di programma fosse, anche per impostazione (tempi, finanziamenti, progetti) diverso da altri stipulati e poi disattesi. Altri che dovevano essere storici, perché avrebbero cambiato in positivo le sorti economiche e sociali di Piombino e della Val di Cornia. Lo abbiamo letto e riletto, questo accordo, e ci sembra consistere solo in auspici, fondati, per di più, su scarse risorse economiche (quelle del governo): la struttura di impianto non è tale da far scaturire certezze per il futuro.
Questo accordo ha avuto una lunga gestazione, incubata diversi mesi dentro una discussione tra Governo, Regione, Istituzioni locali e Sindacati e che si è trascinata fino a culminare in un epilogo dettato, come sempre, dall’emergenza, quella della fermata dell’afo, in un contesto segnato dalle elezioni che incombono, dall’intervento del Papa, dall’attenzione che il Governo, a iniziare dal Presidente del Consiglio, ha purtroppo intempestivamente concentrato su Piombino. Il risultato non poteva che essere, come di fatto è, insoddisfacente, deludente.. Sono usciti interventi sulla stampa nazionale che hanno messo in evidenza i limiti e le carenze di questo accordo, prima di tutto quello relativo alle risorse messe in campo per le bonifiche: scarse, poco definite, e sappiamo tutti che le bonifiche sono una cosa seria, e che senza bonifiche non solo non si fa reindustrializzazione (perché così prevedono le leggi), ma neanche politica industriale
Quanto al potenziale compratore della Lucchini, al Porto, alla SS 398… Il 30 maggio, alla chiusura del bando di vendita della Lucchini, ne sapremo forse di più, ma a oggi non sappiamo chi sia / chi sarà l’acquirente dell’impianto, quindi ignoriamo che cosa costui si impegni a fare per dare una continuità al sito siderurgico. Questa situazione non può essere considerata positiva: e l’accordo non fornisce garanzie . Non crediamo che gli interventi a carico del privato esposti nell’art. 6 dell’accordo siano così vaghi e così poco rilevanti come invece vengono fatti apparire.
Solo la Regione Toscana ha investito sugli interventi di ampliamento del Porto: passare da questi progetti ad altri che dovrebbero fare di Piombino un centro di rottamazione delle navi militari è atto quanto meno da verificare: chiediamo – perché ce n’è assoluto bisogno – studi e documentazione, a oggi non mai presentati; Vogliamo sapere come si ricicla materiali e sostanze inquinanti.
In questo accordo, infine, si accenna al prolungamento della SS 398 fino al porto e lo si fa, come sempre, legando l’intervento all’autostrada tirrenica, cosa che ha prodotto come unico risultato quello di lasciare tutto su carta. Avevano promesso che il Cipe avrebbe dato via libera al progetto e all’inizio dei lavori: il 2011 è passato, il 2012 è passato, il 2013 è passato e ancora stiamo aspettando l’apertura dei cantieri. Ora il Governo ha promesso (sarà un’ennesima altra promessa?) che entro pochi mesi troverà i soldi. Ribadiamo che senza questa infrastruttura il porto non conoscerà nessun tipo di sviluppo.
L’accordo di programma per la Lucchini è il massimo che il Governo, cioè lo Stato, avrebbe potuto fare? Noi pensiamo di NO. L’Afo doveva e poteva essere tenuto in funzione: questo avrebbe aiutato un percorso, certo non breve, ma di vera riconversione avrebbe dato il tempo di fare progetti accurati in termini di innovazione, avrebbe portato a valutazioni economiche quantitativamente attendibili, avrebbe permesso ai lavoratori di vivere gradualmente i cambiamenti che sarebbero intervenuti, senza essere fuori, senza sentirsi messi fuori. Invece chi ha prevalso, ancora una volta? Chi non ha mai veramente rispettato la storia di Piombino, chi fondamentalmente non ne conosce e non ne studia la crisi e la difficoltà.
In merito a questa situazione, la politica non si comporta tutta nello stesso modo. Il Pd che cosa ha fatto? Prima ha appoggiato Monti, poi ha sostenuto Letta e ora, con Renzi, ha avallato un accordo che non salva Piombino e che dà risposte approssimative, se non molto discutibili. Avrebbe dovuto mettere in moto un processo virtuoso di analisi e di partecipazione che portasse a un testo diverso, ricco di dati e di informazioni, di cifre, a un accordo di prospettiva, insomma. Vogliamo e pensiamo a un accordo diverso. Molto diverso, e nei prossimi giorni ne parleremo con tutti i Piombinesi.
La lista civica UNALTRA PIOMBINO
CORRIERE ETRUSCO 28/4/2014

- LUCCHINI PIOMBINO- 
L'Accordo fa discutere sulle bonifiche e sulla 398


-Il Tirreno-
di Alessandro De Gregorio
PIOMBINO lun 28 apr, 2014



Riconversione industriale ambientalmente compatibile, rilancio della siderurgia, innovazione: un Accordo che fa sperare quello firmato giovedì a Palazzo Chigi nel giorno della fermata dell’altoforno. Un Accordo che sblocca soldi, milioni, 252 se si sommano quelli già stanziati a suo tempo per il porto. E quindi che apre uno spiraglio di luce. Ma che va ancora analizzato molto bene e, soprattutto, va messo in pratica o «riempito di contenuti» come si ripete in questi giorni. Un accordo che però, tranne quelli che lo hanno firmato, sembra scontentare parecchi.
Ci sono alcuni punti in particolare che hanno fatto accendere i primi campanelli di allarme. Uno di questi riguarda la 398, la «bretella di collegamento dell’autostrada A12 Tirrenica al porto di Piombino - lotto Gagno-Montegemoli». Significa che la 398 resta agganciata al progetto Sat, alla trasformazione della variante Aurelia in autostrada a pagamento. E così entro luglio il progetto per il primo lotto Montegemoli-Gagno (50 milioni a carico di Sat) andrà alla conferenza dei servizi e al Cipe. Poi toccherà al secondo lotto Gagno-Poggio Batteria (20 milioni a carico di Sat, l’eventuale spesa ulteriore a carico di Regione e Stato).
Per sganciare la 398 dalla Tirrenica insomma ci vogliono 70 milioni che non ci sono nell’elenco dei vari finanziamenti. Un altro punto che ha destato perplessità è quello che riguarda le bonifiche. Alcune a carico dei responsabili (ma la Lucchini è fallita e in cassa non c’è più nulla), altre dei nuovi acquirenti. Nell’Accordo si destinano 50 milioni (dal Fondo sviluppo e coesione del governo) per la messa in sicurezza della falda e altri 10 per le aree demaniali dismesse. Per bonificare tutta l'area invece si è sempre detto che ci vogliono 300 milioni.
Chi ha firmato a Roma sostiene che la partita sia tutta da giocare, che si tratta appunto di gestire un accordo cornice. E’ chiaro che, con i finanziamenti nero su bianco, si tratta ora di dare il via alla seconda parte, quella progettuale. Nel caso delle bonifiche, vi è compreso uno studio condotto dal ministero dell’Ambiente e da Arpat. Bonifiche, 398. Ma anche formazione, gestione degli ammortizzatori e tutto il resto. Per ora ci sono impegni scritti. Dalla prossima settimana sono previsti nuovi incontri a Firenze e Roma per definire la cabina di regia e quindi aprire il percorso di attuazione dell’Accordo.
Accordo che però continua a non piacere a molti. Beppe Grillo, sul proprio blog e poi anche a Piombino al comizio davanti alla portineria Lucchini, lo ha definito un documento vuoto, tardivo e con pochi spiccioli. Grillo ha ironizzato sull’offerta araba ma ha espresso perplessità anche sull’ipotesi della Jsw che importerebbe «manufatti» (forse voleva dire i semilavorati) dall’India e non da Brescia. Sempre Grillo ha detto che si è perso tempo perché un anno fa, invece di lottare per il mantenimento dell’area a caldo, con un forno elettrico «forse 7-800 persone avrebbero mantenuto un posto di lavoro e gli altri avrebbero avuto un reddito di cittadinanza».
Lo stesso calcolo fatto da Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e amministratore delegato della Duferco, che in un’intervista pubblicata proprio sabato dal Corriere della Sera sosteneva che «l’altoforno non poteva essere salvato». Gozzi, insieme a Giuseppe Pasini (Feralpi) e Alessandro Banzato (Acciaierie venete), aveva presentato una manifestazione di interesse per la Lucchini ma poi si era ritirato per «ragioni ambientali». Era interessato ai soli laminatoi ma, sempre nell’intervista, Gozzi dice che avrebbe potuto aggiungere altri due o trecento posti di lavoro con l’investimento in un forno elettrico «che stiamo valutando».
Parole che potrebbero alludere a un suo rientro in partita prima del 30 maggio, quando scadranno i termini per le offerte vincolanti. Nel frattempo si attende l’arrivo di Sajjan Jindal, patron della Jsw, che dovrebbe incontrare i sindacati. Anche la Jsw punta ai laminatoi ma sarebbe interessata sia a un forno elettrico che a un Corex.

domenica 27 aprile 2014

Lucchini, fari puntati sulla Jsw di Sajjan Jindal

L’industriale siderurgico indiano è atteso per una visita nei prossimi giorni Ma ora servono imprenditori per sfruttare il nuovo contesto e i soldi dell’Accordo


    di Cristiano Lozito
    PIOMBINO. La due diligence sulle offerte per la Lucchini slitterà di un paio di settimane, ma il 30 maggio resta il termine per la presentazione delle offerte vincolanti.
    Nei giorni scorsi hanno visitato la fabbrica tecnici dell’ucraina Steelmont, ma si sa che la vera battaglia è tra i due fratelli Jindal: Naveen, il minore, è un industriale siderurgico ma il suo interesse principale è l’energia, e infatti nel 2012 si era già interessato alla Lucchini, immaginata però in combinazione con la centrale Enel da trasformare a carbone.
    In realtà invece è Sajjan, il maggiore, a occupare la pole: guida un gruppo siderurgico, la Jsw, da 4 miliardi di fatturato, ha presentato un’offerta per i laminatoi, ma fonti qualificate sostengono che sarebbe interessato anche a un forno elettrico da accoppiare con un Corex, impianto che è già in uso in alcune delle sue fabbriche. Nei prossimi giorni è atteso a Piombino per incontrare istituzioni e sindacati. A persuaderlo della bontà dell’affare potrebbero essere non solo gli incentivi promessi dalla Regione (intorno ai 60 milioni), ma anche il rinnovato contesto che si sta realizzando a Piombino, e in particolare l’ampliamento e le bonifiche sul porto, oltre al miglioramento infrastrutturale legato all’indispensabile completamento della strada 398 su cui ci sono impegni (verrà inserito nel cronoprogramma), ma non denaro, che pure il governo si è impegnato a trovare nel giro di pochi mesi.
    La Jsw non ha impianti in Europa, la collocazione geografica di Piombino e la nuova logistica portuale potrebbero rappresentare un elemento decisivo per convincere Sajjan a un investimento importante, in grado di ridare un futuro produttivo allo stabilimento piombinese.
    Certo l’Accordo di programma dà indicazioni che non sono dirette solo alla siderurgia. Anzi, il pensiero di fondo che sostiene l’Accordo è proprio quello di allargare il quadro produttivo e di uscire dalla monocultura siderurgica che da sempre ha retto, ma pure ingessato, l’economia piombinese. Ecco dunque che l’Accordo produce qualcosa di più di un contesto favorevole. In totale infatti ci sono 252 milioni di risorse pubbliche destinati a Piombino, che comprendono anche gli investimenti decisi lo scorso agosto per il porto: dal Governo in totale vengono 110 milioni, di cui 50 per le bonifiche, 20 per gli incentivi agli investimenti, 40 per l’ammodernamento del porto. Dalla Regione 142 milioni: 62 per gli incentivi (Corex), 70 per il porto e 10 per le bonifiche portuali.
    Ma ora servono gli imprenditori, non solo per la Lucchini, ma per tutto quello che dovrà costruire il nuovo sistema economico locale, porto e piccole e medie imprese. Ieri s’interrogava sul loro ruolo anche il presidente della Regione, Enrico Rossi, in un post sul suo profilo facebook: «Il capitalismo italiano dov’è? Esiste ancora? O si accontenta di ottenere concessioni pubbliche? Senza chiamare il capitalismo italiano alle proprie responsabilità, non si arresterà il declino industriale».
    Questo è il punto: perché senza imprenditori disposti a rischiare sul nostro territorio, nessun Accordo di programma potrà garantire il rilancio di Piombino e della Val di Cornia.
    26 aprile 2014   
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    Siderurgia e ambiente: il sindaco Anselmi dal sogno arabo all’Accordo di programma



      di Alessandro De Gregorio
      PIOMBINO. Il 25 maggio scadrà il suo secondo mandato come sindaco. Cinque giorni dopo si chiuderà il bando per la vendita della Lucchini. Il sogno arabo, quel Khaled al Habahbeh che voleva coprire d’oro la città, per Gianni Anselmi era diventato un incubo. Ma l’altroieri (poche ore dopo la fermata dell’altoforno) Anselmi è tornato da Palazzo Chigi con un osso in bocca, l’Accordo di programma. Progetti al posto dei sogni.
      Beppe Grillo definisce l’Accordo «tardivo, solo slogan e pochi spiccioli».
      «Questo accordo ha due limiti. Arriva nelle ore della fermata dell’Afo e a 20 giorni dalla tornata elettorale. Io mi occupo solo del primo limite».
      Anche alle assemblee qualcuno ha definito l’Accordo una scatola vuota.
      «Basta leggerlo, c’è uno schema comprensibile di linee e azioni in grado di rendere appetibile l’investimento nell’azienda in coerenza con il protocollo d’intesa del 16 gennaio».
      Il governatore Rossi ha spronato la classe imprenditoriale a farsi avanti.
      «Ha ragione. Ma ora bisogna aspettare che si chiuda la procedura Lucchini. Ci sono manifestazioni di interesse di cui una che fa riferimento a Corex e forno elettrico. Ma anche altri potrebbero fare offerte vincolanti. Il nostro compito era mettere in campo un progetto di riassetto industriale e strumenti di sostegno per stimolare investimenti».
      Ora che gli scenari sono cambiati, potrebbe rientrare anche la Duferco?
      «Non lo so, ma so che Duferco era interessata solo ai laminatoi. Noi abbiamo bisogno che qualcuno compri la Lucchini con un piano industriale adeguato».
      Non è possibile un intervento statale?
      «Lo Stato deve rendere competitivo il territorio ma non può entrare nella gestione. Alla parte pubblica compete creare le condizioni per gli investimenti: bonifiche, contributi, agevolazioni, infrastrutture. I privati devono fare la loro parte. Ma si ha una plausibile convinzione che i privati possano rispondere».
      Qual è il punto forte dell’Accordo?
      «Ciascun segmento ha una sua forza autonoma: la parte industriale con l’innovazione siderurgica, la parte della rottamazione che può dialogare con la prima; il refitting; la diversificazione; la parte annosa delle bonifiche».
      E il punto debole?
      «Lo avremmo nel momento in cui non si concretizzassero gli interessi industriali».
      E magari i tempi.
      «Vero. Per questo è fondamentale la cabina di regia. Ed entro tre mesi va redatto il Prri, programma di riconversione e riqualificazione industriale. Prima e meglio si fanno queste cose, prima e meglio si coinvolgono i privati».
      Fanno paura la cassa integrazione e la sua durata.
      «Lo so, ma sugli ammortizzatori sociali l’assessore Simoncini, il sindacato e il ministero stanno facendo un gran lavoro».
      A giorni i sindacati incontreranno le imprese dell’indotto per cercare di convincerle a restare sul territorio.
      «Qui i tempi sono importantissimi. Bisogna abbreviare la traversata ristrutturando il personale, formandolo».
      La Concordia non è nell’Accordo.
      «No, ma la logica ci suggerisce che non siamo ancora fuori corsa. Non vedo come potrebbe andare in Turchia visto che il Vanguard prima di autunno non è disponibile. E in autunno anche il nostro porto sarà pronto. Genova spinge, ma dista cinque giorni di navigazione in condizioni di mare calmo. In autunno?».
      La comparsa sulla scena di Smc ha distolto attenzione e fatto perdere tempo?
      «No. L’Accordo noi lo avevamo chiesto prima di Natale. Khaled al Habahbeh è arrivato a gennaio».
      Però ha creato forti aspettative se non illusioni.
      «Questo purtroppo è vero. Ma non ha avuto alcuna interferenza sui tempi».
      Il 30 maggio è vicino. Ipotizziamo che ci siano offerte concrete. Quali previsioni in termini di riconversione, realizzazione impianti, formazione, bonifiche...?
      «Dipende da molti fattori, tra cui la rapidità dei nuovi acquirenti nel presentare piano industriale e piano di trasformazione, ma anche nella celerità nel chiedere l’accesso ai contributi».
      Un orizzonte temporale?
      «Diciamo tre anni».
      In questo tempo verrebbero persi posti di lavoro.
      «C'è da augurarsi di no, ma non si può escluderlo. Penso ad alcune imprese colpite subito dalla fermata dell’area a caldo come la Sol e alle altre che si basavano sul gas dell’altoforno. A proposito di energia, nell’Accordo c'è la possibilità di consorziare le imprese siderurgiche per l’acquisto dell’energia alle migliori condizioni. Lo abbiamo fatto inserire pensando a Enel e Magona».
      Corex e forno elettrico. Dove?
      «Lontani. Il piano regolatore parla chiaro. Il problema è trasferire le colate, ci vogliono almeno 300 milioni. Però si possono aiutare gli investimenti valorizzando le aree liberate, alleviando gli oneri ecc. E qui ci vuole capacità di governo. La cabina di regia, insomma».
      Si parla di siderurgia ambientalmente compatibile; ma anche di smantellamento navi, attività di un certo impatto. Molti timori sono legati al turismo balneare.
      «Timori legittimi ma che dovrebbero essere affrontati con serenità. Facciamo 800mila presenze turistiche, con la Val di Cornia due milioni e 300mila, pur avendo avuto fino a oggi un polo siderurgico in quelle condizioni e la più grande centrale termoelettrica della Toscana. Dobbiamo accogliere questa sfida vincendola. Senza tornare a pagare un prezzo ambientale per il pane. Oggi la normativa europea impone di creare poli specializzati in assoluta sicurezza. Abbiamo insegnato al mondo come si fa la siderurgia e dobbiamo restare all’avanguardia, con un nuovo paradigma ambientale. Non possiamo prescindere dall’industria. Non ci sono gli spazi per puntare solo sulle spiagge, che peraltro non sono ampie come quelle di Rimini».
      26 aprile 2014     
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    • sabato 26 aprile 2014

      VIDEO BEPPE GRILLO
       AI CANCELLI DELLA LUCCHINI

      PER DOVERE DI CRONACA PUBBLICHIAMO IL VIDEO SENZA COMMENTI.................  E CE NE SAREBBERO DI COSE DA DIRE ..........
      GUARDATELO E GIUDICATE VOI



      Una sola domanda
      Ma con la crisi della Lucchini che c' azzecca???????