lunedì 3 marzo 2014

Smc, per la Lucchini ora servono i fatti

Dopo la bocciatura di Nardi gli arabi possono rientrare in pista solo pagando il minerale (40 milioni) per l’altoforno

    di Cristiano Lozito
    PIOMBINO. Sette giorni per giocare la partita della Lucchini, sette giorni in cui si saprà se l’altoforno e il ciclo integrale hanno un futuro a Piombino, chiarendo di fatto una volta per tutte i dubbi e i misteri sull’offerta degli arabi di Smc.
    Sì, perché il 10 marzo scade il termine per la presentazione delle offerte non vincolanti, ma in ogni caso dopo la bocciatura del protocollo d’intesa della Smc da parte del commissario straordinario Piero Nardi («richieste inaccettabili, visto che il gruppo arabo Smc a fronte dell'annunciata volontà di effettuare investimenti per 1,5 miliardi di euro in Lucchini e per 3 miliardi nel territorio di Piombino, chiede oggi al commissario un supporto finanziario di 300 milioni di euro»), ora il gruppo guidato da Khaled al Habahbeh ha una sola chance per riconquistare credibilità: presentarsi a Piombino la prossima settimana con 40 milioni che servono per pagare le navi col minerale.
    Una parte di questa somma in una partita di giro andrebbe ai lavoratori delle imprese, che nella migliore delle ipotesi hanno riscosso solo la metà del loro ultimo stipendio.
    Fonti vicine al gruppo arabo parlano di un impegno alla revisione del memorandum nella parte che in pratica è costata la bocciatura di Nardi (cioè la pretesa di 200 milioni sui crediti da girare nel conto di Khaled Al Habahbeh, e i 100 milioni di prescrizioni ambientali, richiesti al commissario e tra i motivi principali della bocciatura), e che la Smc insiste comunque a giudicare un equivoco. Le stesse fonti garantiscono l’arrivo dell’imprenditore giordano nel giro di pochi giorni e i lavori in corso per perfezionare le garanzie finanziarie in grado di portare a un’offerta vincolante.
    Ma certo l’esame decisivo sulla concretezza della proposta araba sarà data dal pagamento o meno del minerale per l’altoforno (ultima data utile il 12 marzo, ma ordine da fare con un anticipo entro giovedì 6): perché mettere sul piatto 40 milioni taglierebbe la testa al toro dello scetticismo. Non farlo significherebbe rinunciare definitivamente al progetto che ha al centro appunto il mantenimento in marcia dell’altoforno.
    Chiudendo così ogni prospettiva per il mantenimento dell’area a caldo e per il posto di lavoro di migliaia di persone. Se decadesse il progetto arabo infatti l’unica offerta con una qualche prospettiva industriale pare quella della Ferriera Valsabbia (acciaieria di Odolo, in provincia di Brescia, che conta 300 dipendenti) collegata alla Ecoacciai di Pontedera, interessata anche al cantiere per la demolizione della Costa Concordia, che propone la realizzazione di un'acciaieria elettrica.
    Un’ipotesi che certo non sarebbe in grado di soddisfare le esigenze occupazionali del territorio e che inoltre avrebbe bisogno di anni per essere realizzata, lasciando quindi aperta solo la strada degli ammortizzatori sociali.
    Prospettive lugubri dunque, in un clima che in fabbrica si sta facendo sempre più pesante, per le notizie poco incoraggianti e per le condizioni generali dello stabilimento, che ha bisogno di un intervento in tempi rapidi per ritrovare un minimo di efficienza.
    In questa situazione si vive la vigilia dello sciopero proclamato dai sindacati per domani dalle 14, che sarà confermato se domattina non arriveranno buone notizie sul fronte Smc o almeno su quello politico. Domani sera infatti Fim, Fiom e Uilm incontreranno il governatore Enrico Rossi, l’attesa però è per la convocazione al ministero dello Sviluppo economico, come richiesto dal sindaco Gianni Anselmi e dalla neosottosegretario Silvia Velo, che ha promesso di coinvolgere anche Matteo Renzi.
    Intanto sullo sciopero di domani Mirko Lami, coordinatore delle Rsu Fiom, spiega che «la cokeria non si ferma perché non può farlo, altrimenti franerebbero i forni. E così non si fermeranno Afo e acciaieria perché noi tutti vogliamo che l’altoforno continui a produrre senza essere messo a rischio. Anzi, chiederemo che se come previsto martedì pomeriggio arriverà la nave dal Brasile, si lavori anche agli impianti marittimi per scaricare il minerale necessario per l’altoforno».
    Anche per Lami «serve un tavolo dove si chiarisca definitivamente se le intenzioni della Smc sono vere o no, e se ci sono aspetti da chiarire. Se quest’operazione non andrà in porto però qualcuno ci dovrà spiegare come si risolve il problema di 4000 disoccupati. E i politici si ricordino che tra due mesi ci sono le elezioni...».
    02 marzo 2014    
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