- LUCCHINI - Per ora sorrisi e parole Ma Khaled fa sperare gli operai di Piombino
-Il Tirreno-
di Cristiano Lozito dom 30 mar, 2014
VENTURINA
Cinque giorni al massimo per presentare un’offerta vincolante per la Lucchini, e iniziare una trattativa privata in tempi utili a evitare lo spegnimento dell’altoforno. Con questa promessa Khaled al Habahbeh, il 46enne imprenditore giordano a capo della Smc Group, ha aperto la conferenza stampa con cui, dopo l’esclusione della sua società dalla procedura per l’acquisto della Lucchini, si è ripresentato a sorpresa dopo un silenzio durato più di un mese, in cui si sono intrecciate le rivelazioni sui suoi trascorsi giudiziari negli Stati Uniti e lo stop imposto alla Smc dal commissario Piero Nardi, per la mancanza delle garanzie economiche richieste. In una conferenza stampa svoltasi al Calidario di Venturina in un clima surreale (300 persone tra brindisi, pasticcini, bimbi in posa per la foto con Khaled, tifo da stadio, fischi alle domande dei giornalisti sulle credenziali del gruppo arabo e sul passato e sul presente di al Habahbeh), il patron della Smc Group ha riacceso le speranze dei piombinesi.
Che ovviamente guardano al progetto arabo come l’unico in grado di garantire l’occupazione ed evitare la cassa integrazione per almeno 1.400 operai. Insieme al ceo Smc Alì Gammagui, all’ingegner Roberto Sabot e all’avvocato Valter Cassola (in sala anche Renzo Capperucci, trait d’union tra il gruppo e le istituzioni e i sindacati), al Habahbeh ha ribadito la sua volontà di acquistare lo stabilimento piombinese: «Crediamo molto in questo progetto – ha detto il presidente della Smc – e siamo qui per presentare un’offerta vincolante assistita dalle garanzie finanziarie. Rimarrò tutta la settimana prossima, dopo le incomprensioni col commissario Nardi spero che ci si possa sedere a un tavolo e aprire una trattativa.
Non vorrei lasciare Piombino prima di aver firmato un’intesa». Ancora un annuncio, quindi, che ha raffreddato l’entusiasmo di chi sperava di vedere sul tavolo le garanzie più volte promesse. Ma al Habahbeh ha spiegato «che dopo 12 settimane di lavoro, entro 4-5 giorni lo schema finanziario sarà a posto. Stiamo aprendo un conto su una banca internazionale per produrre le garanzie richieste. Spero che stavolta non ci saranno più malintesi». Da dove vengano i soldi per la ricapitalizzazione da due miliardi di dollari di Smc non è chiaro, l’ipotesi è che ciò possa avvenire con un mix tra i beni personali di al Habahbeh e la raccolta di denaro attraverso fondi internazionali. Certo il tempo stringe, il rischio è che Smc arrivi troppo tardi per evitare lo spegnimento dell’altoforno, come dal pubblico hanno evidenziato alcuni sindacalisti.
L’altoforno in marcia del resto è stato la condizione irrinunciabile per l’offerta araba, ma al Habahbeh di fatto ha ribadito che in questa fase «è il commissario a dover pagare il minerale. Comunque con o senza altoforno noi andremo avanti. E se l’altoforno verrà spento vorrà dire che faremo un Corex. Se riuscirò a comprare la Lucchini bene, altrimenti – ha tentato di scherzare – tornerò come acquirente, perché serve molto acciaio per lo sviluppo in Nord Africa». L’idea di fondo è quella di utilizzare la produzione Lucchini per attività già in corso, tra cui la realizzazione di una ferrovia in Marocco. Sul capitolo delle vecchie condanne negli Usa per truffa, riportate nei giorni scorsi dai giornali italiani, al Habahbeh ha parlato «di articoli diffamatori, ma comunque il passato è passato». Sul suo presente invece ha spiegato di vivere «da dieci anni a Dubai.
Opero con le mie società in vari campi in Nord Africa e in Medio Oriente, dove ho contribuito a realizzare case, strade, ponti. Per partecipare al bando Lucchini ho presentato tutti i certificati e le credenziali personali richieste. E ringrazio il governo italiano che mi ha concesso un visto per 5 anni per la mia attività di imprenditore». Alla platea poco è stato concesso rispetto al progetto complessivo per il futuro dello stabilimento Lucchini, sintetizzato «nello spostamento degli impianti a cui seguiranno demolizioni e bonifiche», maggiore attenzione è stata dedicata ai programmi collegati alla liberazione delle aree industriali con un rendering relativo al progetto «di un porto per maxiyacht» e l’ipotesi «di un grande centro congressi»
. Piombino torna a sperare, pochi giorni basteranno per capire se il futuro dello stabilimento sarà la continuazione di una storia lunga 150 anni, o se la città dovrà, definitivamente, voltar pagina
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