venerdì 21 marzo 2014

Fuga dall'asta per la Lucchini

da il Sole24ORE   21/3/2014   

Matteo Meneghello



La corsa per gli asset toscani della Lucchini perde un nuovo concorrente, e il futuro di Piombino si conferma sempre più incerto. Dopo il ritiro dalla gara della cordata Duferco-Feralpi-Acciaierie Venete, che nelle scorse settimane aveva gettato la spugna «non ravvisando le condizioni ambientali su Piombino per proseguire oltre nella procedura di cessione avviata», ieri si è chiamato fuori un altro pretendente della prima ora. Si tratta della svizzera Klesch, che aveva manifestato interesse, avviando un tavolo di confronto, già nel corso del 2012, prima del commissariamento. Come conferma una fonte vicina al gruppo, la società al momento è «fuori dalla trattativa», poiché si rifiuta di fornire, come peraltro richiesto dalle regole del bando, i bilanci degli ultimi tre anni di attività. La proposta degli svizzeri era tra le otto che, come illustrato dal viceministro Claudio De Vincenti ai sindacati nei giorni scorsi, necessitava di ulteriore documentazione per essere completa. «Klesch – spiega la fonte – è disponibile a consegnare alla procedura i propri bilanci, ma ha richiesto al commissario Piero Nardi la firma di un non disclosure agreement: un accordo di riservatezza che eviti il rischio di una pubblicità dei documenti. Ma il commissario ha rifiutato». Dal punto di vista formale non è ancora corretto considerare Klesch fuori dai giochi: si può affermare però che l'offerta svizzera è in una fase di stallo. Secondo gli osservatori, appare comunque difficile che Nardi, in quanto pubblico ufficiale, acconsenta alla firma di un nda.
È tutt'altro che certa, poi, la consistenza reale delle altre offerte. In attesa di comunicazioni ufficiali, resta ancora ingarbugliata la posizione della tunisina Smc. Il primo ultimatum lanciato da Nardi ai nordafricani, chiamati a dare evidenza di garanzie finanziarie a sostegno del loro piano industriale, risale ormai allo scorso 12 febbraio. Sono passate cinque settimane, ma le garanzie ancora non si sono viste. I nordafricani chiedono altro tempo. Due giorni fa avrebbero inviato una lettera a De Vincenti, chiedendo un incontro per discutere, tra l'altro, del futuro trasferimento di 500 milioni su un conto corrente della filiale romana della Ubae (Unione delle banche arabe ed europee), facendo leva sulla posizione di forza rappresentata dal fatto di essere l'unica realtà intenzionata a garantire gli attuali livelli occupazionali. De Vincenti, però, ha rifiutato di incontrare i tunisini. Nel frattempo, il gruppo che fa capo a Khaled al Habahbeh starebbe cercando di condurre in porto un aumento di capitale, il cui via libera è atteso per il 4 aprile. Il commissario, nel frattempo, è al lavoro per analizzare la correttezza delle altre offerte, delle quali, oltre a quella di Smc per «Piombino così com'è», 4 puntano sui laminatoi (tra queste anche quelle delle due società dei fratelli indiani Naveen e Sajjan Jindal, che prevedono in un caso l'eventuale realizzazione di un forno elettrico, nell'altro la possibilità di affiancare un impianto Corex a un impianto elettrosiderurgico). 
Ieri il consiglio di fabbrica della Lucchini di Piombino ha provato a rasserenare gli animi, dichiarando in un documento che «si ritiene che tutte le offerte abbiano le condizioni per passare alla fase successiva dell'offerta vincolante». I sindacati hanno ribadito la richiesta del mantenimento degli impegni presi su altoforno e materie prime, auspicando che si facciano tutte le verifiche necessarie. Le rsu attendono il confronto con il Mise, fissato per martedì: in quella sede dovrebbe essere fornito qualche elemento di certezza in più sul futuro degli asset del gruppo.




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