La crisi della Lucchini di Piombino
La crisi economica italiana, la
crisi di produzione, mette in perocolo la Lucchini. ed ora si rischia la chiusura dello
stabilimento e la perdita di 5000 posti di lavoro che si aggiungono ai 3000
licenziati degli ultimi anni. Il governo dovrà dare risposte concrete
Ci sono storie, brutte storie nel nostro paese. A Piombino
c’è il mare, il porto, l’acciaio e le industrie che chiudono, lo stato è
latitante e non da risposte alle tragedie economico-lavorative. Di Taranto e
dell’Ilva ormai si conosce (quasi) tutto. Ma su Piombino c’è una cappa di
silenzio da parte dei media e delle istituzioni, nonostante perfino il sindaco
della città – Gianni Anselmi – si arrampicò, lo scorso ottobre, sul
tetto dell’industria siderurgica insieme a tre operai per chiedere di essere
incontrati da parte del governo.
Piombino è una cittadina di 35.000 abitanti, 5000 di loro, tra produzione ed indotto, lavorano nelle tre industrie siderurgiche locali:la Lucchini , la Magona e la Dalmine. La Lucchini
in particolare è la più grande, 2100 operai e 1500 lavoratori dell’indotto, ed
è, un’ industria siderurgica italiana a ciclo integrale, con una produzione
media di 2,3 milioni di tonnellate di prodotto all’anno, tranne nell’ultimo
anno quando la produzione è stata nettamente diminuita (1,2 milioni) arrivando,
il 13 dicembre, allo spegnimento dell’altoforno. Era una situazione che non si
verificava dal 1989 quando, comunque, fu spento per ragioni di manutenzione,
ora viene spento perché la
Lucchini si avvia alla chiusura quindi vengono diminuiti i
turni lavorativi e la produzione, dei 2100 dipendenti 1943 sono già in
contratto di solidarietà e a ciò si aggiunge che dal 2008 già sono stati
licenziati 3000 dipendenti tra le tre ditte siderurgiche.
La crisi della Lucchini inizia nel 1991 quando l’industria fu coinvolta nel piano Utopia voluto dall’Ilva per l’ammodernamento delle strutture siderurgiche italiane, piano che non decollò mai e lasciò l’azienda toscana in un mare di debiti che furono in parte coperti da un investimento di 800 milioni di euro da parte dell’holding Lucchini spa nel2003. In seguito a questa
ristrutturazione del capitale l’industria viene ceduta ai russi della Severstal che inaugurano un piano di ampliamento
dell’industria con la costruzione di un nuovo altoforno. I lavori durano sei
mesi e si bloccano nel 2008, il nuovo altoforno è ancora lì, in attesa di
essere costruito. Ancora debiti che si acuiscono con la crisi finanziaria
globale che ovviamente travolge anche l’acciaio di Piombino. Nel febbraio di quest’anno
il tribunale di Milano chiede di accelerare i tempi per trovare un compratore
entro sei mesi, ma la crisi è tale che perfino la Severstal , pur di
togliersi dall’empasse, si è impegnata a vendere alla cifra simbolica di un
euro. Ma un acquirente interessato alla Lucchini dovrebbe far fronte a una
spesa di circa un miliardo di euro, di cui 770 milioni per coprire il debito con le
banche e i
restanti per riavviare un piano di produzione. A differenza dell’Ilva non ci
sono costi per la riqualificazione ambientale perché, caso più unico che raro
in Italia, la Lucchini
rispetta le normative europee in fatto di emissioni, impatto sull’ambiente e
tutela della salute dei lavoratori che, fino agli ultimi tagli, avevano diritto
alla visita medica gratuita ed obbligatoria.
Finora completamente assente, lo stato dovrebbe avviare un piano per l’intero settore siderurgico italiano, considerando che il fallimento della siderurgia italiana vorrebbe dire una catastrofe economica per il paese che è secondo in Europa per quantità di acciaio prodotto, inoltre Piombino è l’unica industria in Italia dove si producono i binari per l’alta velocità e il blocco della produzione significherebbe comprare il prodotto dall’estero. Piombino rappresenta l’industria primaria italiana, quella che produce il materiale per le infrastrutture, i trasporti sulle quali si basa lo sviluppo di un paese. Inoltrela Lucchini come la Fiat rappresenta il fallimento della politica
della non-differenziazione economica sul territorio, che, dal dopo guerra, ha
sempre legato determinate località del nostro paese ad un solo tipo di
produzione in mano privato, facendo sì che l’economia locale non godesse di
alternative al polo settoriale assegnato.
Piombino è una cittadina di 35.000 abitanti, 5000 di loro, tra produzione ed indotto, lavorano nelle tre industrie siderurgiche locali:
La crisi della Lucchini inizia nel 1991 quando l’industria fu coinvolta nel piano Utopia voluto dall’Ilva per l’ammodernamento delle strutture siderurgiche italiane, piano che non decollò mai e lasciò l’azienda toscana in un mare di debiti che furono in parte coperti da un investimento di 800 milioni di euro da parte dell’holding Lucchini spa nel
Finora completamente assente, lo stato dovrebbe avviare un piano per l’intero settore siderurgico italiano, considerando che il fallimento della siderurgia italiana vorrebbe dire una catastrofe economica per il paese che è secondo in Europa per quantità di acciaio prodotto, inoltre Piombino è l’unica industria in Italia dove si producono i binari per l’alta velocità e il blocco della produzione significherebbe comprare il prodotto dall’estero. Piombino rappresenta l’industria primaria italiana, quella che produce il materiale per le infrastrutture, i trasporti sulle quali si basa lo sviluppo di un paese. Inoltre
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