Bando Lucchini, si chiude il primo tempo
Da oggi un mese per le offerte non vincolanti. Anselmi: «Il governo acceleri, in ballo c’è il destino di un territorio»
PIOMBINO. Si è chiuso a mezzanotte il bando di gara per la Lucchini in un clima teso, fatto di speranze e sospetti, aggravato dalle difficoltà che il maltempo ha procurato allo scarico del minerale da una nave brasiliana in rada: un problema che potrebbe costringere a una fermata di 24 ore dell’altoforno, se anche oggi le condizioni meteo non consentiranno di portare a termine l’operazione.
L’ultimo giorno della gara, già estenuante per la città e poi prorogata di 20 giorni, si è consumata nel contrasto tra le voci provenienti da ambienti sindacali, preoccupate che alla fine prevalgano ipotesi contrarie al mantenimento del ciclo integrale (leggi Duferco), e il massimo riserbo dell’azienda e delle istituzioni, rotto solo da una dichiarazione di Gianni Anselmi: «Voglio sperare che a tutti i livelli – dice il sindaco – ci sia piena consapevolezza del fatto che in ballo non ci sono solo il rispetto delle procedure e delle prerogative, ma il destino di una città e di un territorio».
Per Anselmi «il Comune e i sindacati hanno fatto e stanno facendo quello che si doveva, con serietà e responsabilità: ora tocca al commissario e al governo. La continuità produttiva non si deve interrompere, e si deve accelerare il migliore progetto industriale. Servono praticità, ragionevolezza e senso del territorio, e non la rigidità dei burocrati. Bisogna conciliare forme e concretezza. Come è nella nostra natura – conclude – non staremo a guardare, e se a qualcuno dà fastidio o si sente disturbato, pazienza: non sarà la prima né l’ultima volta».
Parole taglienti, che vengono dall’insofferenza per la lentezza delle procedure che mettono a rischio appunto la continuità produttiva, cioè la vita dell’altoforno, e per la latenza del governo, che in una situazione del genere ha allungato i termini della gara invece di procedere all’esame diretto dell’offerta degli arabi di Smc: tre miliardi di investimenti per riqualificare e rilanciare lo stabilimento realizzando due forni elettrici e mantenendo in marcia l’altoforno in attesa di costruire un impianto Corex. Con interessi che si spingerebbero fino al futuro polo di rottamazione delle navi e all’acquisto della centrale Enel di Tor del Sale.
I motivi di questo atteggiamento del governo sarebbero da ricercare nella scarsa affidabilità attribuita dopo una prima e informale verifica dell’offerta dell’imprenditore giordano Khaled al Habahbeh, oppure – come pensano i sindacati – nella preferenza che il commissario Piero Nardi ha già espresso pubblicamente per soluzioni che non prevedono più l’area a caldo?
Secondo alcuni osservatori in realtà la prudenza del governo sarebbe legata alla necessità di ulteriori approfondimenti visto che – almeno rifacendosi a una nota diffusa dal Gruppo Lucchini dopo l’incontro del 31 gennaio a Firenze tra Habahbeh e il governatore Enrico Rossi – i rappresentanti della Smc «hanno asserito la capacità di strutturare un fondo per il progetto in accordo con istituzioni finanziarie e investitori privati». Ossia, qualcosa di molto più complesso rispetto all’idea dell’investimento da parte di un unico imprenditore. Che, è bene ricordarlo, peraltro è l’unico ad aver messo la faccia nella vicenda, incontrando i rappresentanti dei vari livelli istituzionali, arrivando fino al Mise, oltre che il commissario Piero Nardi.
Fatto sta che oggi si conoscerà il numero delle manifestazioni d’interesse presentate per la Lucchini. Se sono certe appunto quelle di Smc, Duferco e Klesch (ognuna con piani e obiettivi diversi), non è escluso che spunti qualche altra offerta dell’ultimo minuto. «Offerte civetta», le chiama il sindacato, considerandole solo un espediente per perdere altro tempo e favorire la chiusura dell’altoforno. Entro il 10 marzo dovranno essere presentate le “offerte non vincolanti”, corredate da un piano industriale e dalle garanzie rispetto alle disponibilità finanziarie a sostegno del piano.
11 febbraio 2014
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