LUCCHINI : La partita dell'acciaio, stop a ulteriori ritardi
Il commissario Piero Nardi chiede una proroga al ministero di 7-10 giorni per valutare le offertedi Cristiano Lozito
PIOMBINO. Il commissario della Lucchini, Piero Nardi, ha chiesto al Comitato di sorveglianza una proroga (7-10 giorni) per un ulteriore approfondimento delle offerte di Cevital e di Jindal, mentre sindacati e istituzioni (il sottosegretarioSilvia Velo, l’assessore regionale Gianfranco Simoncini e il sindacoMassimo Giuliani) ieri a Roma hanno ribadito al viceministro Claudio De Vincenti l’esigenza di chiudere la vicenda non oltre il 15 di questo mese.
Il tempo massimo per ordinare le materie prime ai laminatoi e garantire quindi continuità produttiva e contratti di solidarietà, ma anche per sgombrare il campo dal pericolo di colpi di mano, rappresentati secondo i sindacati dalla volontà degli elettrosiderurgici del nord di ostacolare in qualsiasi modo la ripartenza produttiva di Piombino e in particolare l’arrivo di un concorrente imprevedibile come Cevital.
Fonti industriali infatti sostengono che una cordata lombarda guidata dal patron Duferco-Federacciai, Antonio Gozzi, è pronta a fare un’offerta per costruire un impianto di preridotto a Piombino in grado di soddisfare le esigenze dei produttori nazionali, da Brescia a Taranto, magari da affiancare al piano in fase di redazione da parte della Jsw (peraltro ferma al momento all’offerta sui laminatoi) per un forno elettrico da un milione di tonnellate.
Il portale Siderweb parla di un impianto di preriduzione da 5 milioni di tonnellate: la sua insostenibilità dal punto di vista dell’impatto ambientale (si tratterebbe di gestire e trattare enormi cumuli di carbone) sembra comunque confinare questo piano nel campo delle azioni di disturbo.
«Da parte di tutti - dice il sindaco Giuliani – è emersa la necessità di non ritardare ulteriormente la decisione, considerando che sono presenti due offerte con elementi di interesse che fanno ben sperare. Naturalmente la scelta dovrà essere quella della migliore proposta per lo sviluppo territoriale di medio e lungo termine, attento a rispettoso dei parametri di sostenibilità ambientale. Tutto questo rientra nelle azioni di reindustrializzazione previste dall’Accordo di programma».
Il pensiero del sindaco dunque è chiaro: rispetto alla gravissima situazione di Taranto e Terni, a Piombino dopo due anni di amministrazione straordinaria finalmente ci sono due offerte in campo e quindi non ha senso perdere altro tempo.
La necessità di evitare ulteriori proroghe del resto è stata rilanciata anche dal’assessore Simoncini, secondo cui «adesso sono fondamentali i tempi. Ci sono due proposte che devono rispondere a due aspetti fondamentali su cui si fonderà il rilancio della Lucchini: per un verso, produzione di acciaio e riapertura dell’area a caldo, e per l'altro salvaguardia dei livelli occupazionali, con un’attenzione particolare al problema dell’indotto».
Il tema dei tempi rapidi nella scelta , è stato raccolto dal viceministro De Vincenti, che ha ribadito come i criteri della solidità del piano industriale anche in prospettiva, e dell’impegno sul fronte dell’occupazione, saranno gli elementi sui cui si baserà la scelta del governo. Spiegando inoltre – rispetto a varie indiscrezioni circolate sul tema – l’impossibilità di un ingresso in campo della Cassa depositi e prestiti per sostenere la siderurgia italiana, meno che mai nel caso di Piombino dove dopo un lungo stallo, la presenza di due società in lizza ha fatto crescere anche il tenore delle proposte.
Jindal dunque avrà solo qualche giorno in più per formalizzare un piano di rilancio che vada al di là dell’acquisto dei laminatoi e del generico impegno a realizzare un forno in futuro, rendendosi davvero competitivo rispetto al progetto di Cevital: gli algerini infatti propongono due forni elettrici (complessivamente per due milioni di tonnellate da alimentare col preridotto importato dall’Algeria), revamping dei tre laminatoi esistenti e realizzazione di un quarto impianto, una piattaforma agroalimentare nell’ex a area a caldo, col reimpiego di quasi tutti i dipendenti diretti
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