giovedì 6 novembre 2014

Ex Lucchini, fra indiani e algerini spunta

 la proposta dei bresciani

Sul tavolo un’offerta per realizzare a Piombino un impianto di «preridotto»

Dal Corriere della Sera Brescia  

di Massimiliano Del Barba

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Quasi cinquecento aziende scomparse in nove mesi. Per decriptare il breve passaggio sulla siderurgia lanciato lunedì mattina alla Palazzoli da Matteo Renzi al minuto 24 del suo lungo intervento sul futuro manifatturiero dell’Italia bisogna partire da lì. Dallo stato dell’arte. E cioè dalla crisi sistemica di un comparto, quello dell’industria dei metalli, che da cinque anni ha smesso di generare margini e profitti. 
«Da Taranto a Brescia passando per Piombino - ha detto il premier agli industriali riuniti in assemblea - o il sistema paese avanza una proposta per uscire dall’impasse in cui ci troviamo, o non ci sarà modo di garantire un futuro alla siderurgia italiana». 
Serve dunque «una proposta sistemica». Eccola: un’alleanza fra i siderurgici bresciani e gli indiani di Jindal per costruire un impianto di produzione di preridotto , la spugna di ferro che si ricava trattando il minerale con il gas anziché con il coke. La proposta era nell’aria - c’è chi dice che i siderurgici bresciani ne avessero già discusso col premier -, ma ieri è stato lo stesso presidente di Federacciai, Antonio Gozzi, a confermarla: secondo Siderweb si tratterebbe della costruzione di due impianti per la produzione di preridotto, ciascuno della capacità di 2,5 milioni di tonnellate, in grado di alimentare il nuovo forno elettrico da 1,2 milioni di tonnellate che Jindal costruirebbe a Piombino, nonché di servire gli stabilimenti bresciani, permettendo a questi ultimi di diversificare l’approvvigionamento da rottame il cui prezzo, a differenza del minerale di ferro, è schizzato alle stelle.

Ora, però, in attesa di comprendere meglio i particolari dell’operazione, sarà lotta contro il tempo. Ieri a Roma, infatti, sultavolo del viceministro allo Sviluppo economico Claudio De Vincenti, si è materializzata la conferma della solidità delle due proposte straniere per l’ex Lucchini. Da un lato quella che per il commissario Piero Nardi sarebbe la più conveniente, vale a dire il progetto degli algerini di Cevital, che promettono la costruzione di due forni elettrici da un milione di tonnellate l’uno e l’ampliamento della zona laminazione. Dall’altro la proposta indiana che, allo stato attuale, è ferma nell’impegno di acquisire solamente i laminatoi garantendo così l’occupazione per soli 750 dipendenti.

C’è tempo fino al 15 novembre per prendere una decisione ma, intanto, in Valpadana non si è stati a guardare. L’Italia, e l’Europatutta, sono alle prese con una dura gatta da pelare, la sovracapacità produttiva. E, in mancanza dei finanziamenti per un nuovo piano Davignon che alimenti la razionalizzazione (niente aiuti di Stato, ripete Bruxelles), sarà il mercato a fare il lavoro sporco. Se la parola chiave, da questo punto di vista, è ristrutturare, ora le manovre per spartirsi ciò che rimarrà dei 24 milioni di tonnellate di acciaio prodotto nel 2013 entrano nella sfera della geopolitica. Che, per l’elettrosiderurgia bresciana, significa mettere fuori gioco i competitor algerini, con i quali non si condivide solo il prodotto, cioè il tondo, ma anche il mercato, cioé il Mediterraneo. «Risolvere il problema di Piombino con Cevital significa crearne uno cinque volte più grande a Brescia» aveva detto al Sole 24Ore qualche giorno fa Gozzi. Dunque la contromossa: «sistemica», appunto, come da desiderata del premier. 
E, di questa inedita alleanza fra indiani e tondinari, potrebbe fare da garante, con un finanziamento per un periodo limitato, la Cassa depositi e prestiti. Non acciaio di Stato, ma quasi. 


Interessante commento di
L'Italia è una nazione strana, dove tutto e il contrario di tutto è consentito. Qui si rasenta, se i protagonisti fossero in buona fede, la commedia all'italiana vera e propria. Sono anni che il sindacato chiede un intervento del governo ( nella nostra vicenda siamo passati dal governo Monti, a quello di Letta ed oggi a quello di Renzi ) per un piano sulla siderurgia nazionale che è troppo importante e strategica per un paese come il nostro. In varie fasi abbiamo richiesto NON AIUTI DI STATO, ma di permettere ai vari complessi siderurgici di fare sinergia tra di loro così da non venire penalizzati a vantaggio di altri stabilimenti (stranieri ma anche bresciani) e impedire che si rischiasse di perdere uno stabilimento a ciclo integrale come quello di Piombino dove abbiamo prodotto rotaie per tutta Italia e esportate in mezzo mondo. Tranne che dichiarazioni di facciata di strategicità, dalle parole non sono mai scaturiti atti concreti, il tavolo della siderurgia nazionale non è mai stato voluto da questo governo. Improvvisamente però, dopo alcune dichiarazioni del presidente di Federacciai a fine Ottobre sui giornali e, dopo un vertice tra Gozzi e Renzi, ecco che il Presidente del Consiglio si presenta a Brescia i primi di Novembre e chiede una "proposta sistemica", dove il sistema paese avanzi proposte per garantire il futuro della siderurgia italiana. Sarebbe una bella idea se nel frattempo non fossimo alla conclusione della vendita dello stabilimento Lucchini che vede l'elettrosiderurgia bresciana, così dice il giornale, per spartirsi le quote di acciaio, cercare in tutti i modi di mettere fuori gioco i competitori Algerini e , proprio Gozzi dichiara "risolvere Piombino significa creare un problema a Brescia". Se affermazioni del genere fossero fatte non nella civile Brescia, ma nel centro sud, sarebbero potute essere confuse per affermazioni intimidatorie. Solo per informazione, Renzi il 14 agosto dichiarava in merito ad investimenti in Italia, al Financial Times che " per me conta il progetto industriale e non il passaporto, bisogna spalancare le porte agli investimenti stranieri". Ora cerchi di ragionare con coerenza e non si faccia comandare dai poteri forti. Chiedere coerenza a Gozzi invece è impossibile, in merito al progetto del preridotto studiato da Bondi per salvare Taranto, appena a Maggio, diceva che non sta in piedi economicamente dato anche i grossi costi del gas in Italia. Oggi invece si parla di impianti di preridotto a Piombino con estrema facilità e naturalezza. Si inventa in pochi giorni una proposta e a quale scopo ? In quest'ultimo anno, quando gli industriali di Brescia prendevano il mercato della Lucchini, come avvoltoi su un cadavere attendendo solo la morte completa per spartirsi il mercato e le quote, andava tutto bene, quando per Piombino c'era una sola proposta che prevedeva solo i laminatoi andava tutto bene. Ma oggi no, salvare Piombino vuol dire creare problemi ai bresciani. A Piombino vogliamo che venga rispettato l'accordo di programma e, il progetto algerino è esattamente dentro quel ragionamento (produrre acciaio con sistemi meno inquinanti, ma anche pensare a investimenti di diversificazione), vogliamo tornare a produrre le Nostre quote di acciaio e non diventare la pattumiera italiana, ci dispiace se qualcuno pensava di essersele già accaparrate senza nemmeno sforzarsi. Il governo e in particolar modo il partito di maggioranza che lo sostiene, tanto per essere più chiari il PD, cerchi di ragionare con coerenza e valuti attentamente l'offerta migliore senza farsi comandare dagli industriali italiani che predicano libero mercato e concorrenza fino a mezzogiorno, poi nel pomeriggio pensano solo a come farsi salvare dal governo senza nemmeno fare investimenti. A proposito si parla di proposta dei besciani e subito dopo si parla della Cassa Depositi e Prestiti. Sarà meglio pensarci bene, quando chiedevamo che il governo rispettasse il proprio impegno preso al Ministero davanti a tutte le istituzioni e sindacati, di non femare l'afo fino all'arrivo del compratore, valutando anche l'ipotesi della Cassa Depositi e Prestiti, ci veniva detto che non era possibile, erano aiuti di stato. Come cambiano velocemente le cose quando ci sono alcuni poteri dietro !! COERENZA !!

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