-Il Tirreno-
di Alessandro De Gregorio
PIOMBINO mer 14 mag, 2014
Non sono preoccupati, dicono. Però i sindacati hanno chiesto un incontro al commissario straordinario della Lucchini, Piero Nardi, per saperne di più sulla proroga del bando, non ufficiale ma che dovrebbe diventarlo a breve. La proroga riguarderà la due diligence, cioè la fase di verifica delle informazioni patrimoniali, finanziarie, economiche, gestionali, strategiche, fiscali e ambientali della Lucchini da parte delle tre società che a suo tempo avevano presentato offerte non vincolanti e che sono rimaste in gara (l’ucraina Steelmont e le indiane Jspl e Jsw dei fratelli Naveen e Sajjan Jindal).
Due diligence che scadrebbe domani, ma che richiederà più tempo, comportando lo slittamento del termine per la presentazione delle offerte vincolanti da fine maggio alla prima o seconda settimana di giugno. In particolare, pare che non sia pronta la consulenza disposta dalla Jsw, che si sarebbe affidata allo studio Mazzoni di Milano, specializzato in questioni societarie e commerciali italiane e internazionale (nello specifico di fusioni, acquisizioni e ristrutturazioni societarie, diritto fallimentare).
L’attenzione degli indiani, ma anche degli ucraini, si sarebbe concentrata soprattutto sulla partita delle bonifiche, anche alla luce del recente Accordo di programma dove non è chiarissima la ripartizione tra spese a carico dell’imprenditore colpevole (e fallito), dell’acquirente incolpevole e dello Stato. Nell’Accordo, lo ricordiamo, si destinano 50 milioni del governo per la messa in sicurezza della falda e altri 10 per le aree demaniali dismesse. Per bonificare tutta l’area invece si è sempre detto che ci vogliono 300 milioni.
E poi c’è la questione degli organici. Circa 800 persone serviranno nei laminatoi, il resto dei lavoratori non potrà certo essere ricollocato in tempi brevi anche nell’ipotesi di Corex e forno elettrico, per i quali si va ottimisticamente da due anni a una prospettiva più realistica di 3-4 anni. Certo, le stesse bonifiche potrebbero funzionare da cuscinetto, c’è il polo di smantellamento navi militari che però non sarà operativo prima di un anno. Ci sono duecento dipendenti che potrebbero scivolare in pensione nel giro di tre anni, comunque coperti prima dai contratti di solidarietà e poi dalla cassa integrazione.
Ma al momento, senza un acquirente e senza un piano industriale, sono solo chiacchiere. L’unica cosa certa è che qualsiasi proroga chiuderebbe definitivamente il capitolo Afo: l’altoforno è in standby dal 24 aprile, le cariche in bianco possono andare avanti ancora ma più si raffredda il crogiuolo e più diventa insostenibile la spesa per un eventuale riavvio. Senza considerare i limiti tecnici. L’altra cosa certa, secondo i sindacati, è che i contratti di solidarietà non subiranno conseguenze da questa proroga: «Sono scattati il 2 maggio sulla base di un anno - dice Mirko Lami, coordinatore rsu Fiom - e non sono legati alla scadenza del bando.
Sono applicati in tutti i reparti, con una media del 60% e un ovvio incremento nell’area a caldo rispetto ai laminatoi». Nell’area a caldo si lavora in media tre giorni al mese con una contrazione dei salari (80%, di cui il 10 coperto dalla Regione). I sindacati non sono preoccupati anche se Fausto Fagioli (Fim) dice di aver chiesto un incontro al commissario Nardi «per capire meglio, per sapere il motivo. Abbiamo chiesto un incontro anche con Sajjan Jindal». Ma l’imprenditore indiano aspetterà le elezioni del 25, in modo da avere un interlocutore per il futuro.
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