Ilva di Taranto, domani la sentenza: Piero Nardi rischia sette anni
Attesa per la decisione del giudice al processo per i morti da amianto. Tra i 29 imputati anche l’attuale commissario straordinario della Lucchini
PIOMBINO. La sentenza è attesa per domani (sabato 24 maggio) e ad attenderla è anche Piero Nardi, attuale commissario straordinario della Lucchini. Nardi infatti è tra i 29 imputati al processo per i morti di amianto all’Ilva di Taranto per i quali il pubblico ministero ha chiesto condanne a pene variabili tra due anni e sei mesi e nove anni di reclusione. Per Nardi il pm ha chiesto sette anni di reclusione.
Deceduti tra il 2004 e il 2010 per contatto con amianto e altri elementi cancerogeni: per l'accusa, è unica la matrice dei 15 decessi che, negli anni passati, hanno riguardato altrettanti operai dello stabilimento siderurgico di Taranto, dalla gestione pubblica Italsider-Ilva a quella privata Ilva della famiglia Riva subentrata all'Iri a maggio del 1995. Le presunte responsabilità per 2 dei 15 decessi sono addebitate a esponenti della famiglia Riva. Nella requisitoria di fine febbraio il pm Raffaele Graziano ha parlato tra l'altro di "intollerabile esposizione continua e senza protezione degli operai all'amianto". Nel processo si sono costituiti parte civile i congiunti delle vittime, l'Osservatorio nazionale amianto e Contramianto onlus. In particolare, il pm ha chiesto la condanna a 4 anni ciascuno per 29 ex dirigenti dell'Ilva e dell'Italsider tra i quali l'ex presidente Emilio Riva, suo figlio Fabio e l'ex direttore di stabilimento Luigi Capogrosso. Gli imputati rispondono a vario titolo di disastro ambientale colposo, omissioni di cautele contro gli infortuni e omicidio colposo per la morte di 15 operai che lavoravano a contatto con amianto.
Nell'elenco degli imputati ci sono anche ex dirigenti e consiglieri cda di Italsider e Ilva che hanno gestito dal 1978 il siderurgico di Taranti nonché il passaggio dalla gestione pubblica a quella privata. Per i 29 imputati la Procura ha chiesto condanne a pene variabili tra due anni e sei mesi e nove anni di reclusione. Il massimo, nove anni, è stato chiesto per gli ex direttori di stabilimento Italsider Giambattista Spallanzani, Sergio Noce e Attilio Angelini; sette anni ciascuno per gli ex dirigenti Italsider e Ilva Girolamo Morsillo, Francesco Chindemi, Mario Lupo, Giovanni Gambardella, Giovanni Gillerio, Pietro Nardi (attuale commissario della Lucchini di Piombino), Giorgio Zappa, Bruno Fossa, Riccardo Roncan, Alberto Moriconi, Aldo Bolognini, Massimo Consolini e Giorgio Benevento; sei anni per Renato Cassano; cinque anni per Franco Simeoni; quattro anni e otto mesi per Nicola Muni, Costantino Savoia, Mario Masini, Lamberto Gabrielli, Tommaso Milanese, Augusto Rocchi e Ettore Salvatore; quattro anni e sei mesi per Emilio e Fabio Riva e Luigi Capogrosso; infine due anni e sei mesi per il giapponese Hayao Nakamura che prima fu chiamato come consulente, essendo in forza alla Nippon Steel, e poi, per un periodo, è stato anche amministratore delegato con la gestione pubblica.
Deceduti tra il 2004 e il 2010 per contatto con amianto e altri elementi cancerogeni: per l'accusa, è unica la matrice dei 15 decessi che, negli anni passati, hanno riguardato altrettanti operai dello stabilimento siderurgico di Taranto, dalla gestione pubblica Italsider-Ilva a quella privata Ilva della famiglia Riva subentrata all'Iri a maggio del 1995. Le presunte responsabilità per 2 dei 15 decessi sono addebitate a esponenti della famiglia Riva. Nella requisitoria di fine febbraio il pm Raffaele Graziano ha parlato tra l'altro di "intollerabile esposizione continua e senza protezione degli operai all'amianto". Nel processo si sono costituiti parte civile i congiunti delle vittime, l'Osservatorio nazionale amianto e Contramianto onlus. In particolare, il pm ha chiesto la condanna a 4 anni ciascuno per 29 ex dirigenti dell'Ilva e dell'Italsider tra i quali l'ex presidente Emilio Riva, suo figlio Fabio e l'ex direttore di stabilimento Luigi Capogrosso. Gli imputati rispondono a vario titolo di disastro ambientale colposo, omissioni di cautele contro gli infortuni e omicidio colposo per la morte di 15 operai che lavoravano a contatto con amianto.
Nell'elenco degli imputati ci sono anche ex dirigenti e consiglieri cda di Italsider e Ilva che hanno gestito dal 1978 il siderurgico di Taranti nonché il passaggio dalla gestione pubblica a quella privata. Per i 29 imputati la Procura ha chiesto condanne a pene variabili tra due anni e sei mesi e nove anni di reclusione. Il massimo, nove anni, è stato chiesto per gli ex direttori di stabilimento Italsider Giambattista Spallanzani, Sergio Noce e Attilio Angelini; sette anni ciascuno per gli ex dirigenti Italsider e Ilva Girolamo Morsillo, Francesco Chindemi, Mario Lupo, Giovanni Gambardella, Giovanni Gillerio, Pietro Nardi (attuale commissario della Lucchini di Piombino), Giorgio Zappa, Bruno Fossa, Riccardo Roncan, Alberto Moriconi, Aldo Bolognini, Massimo Consolini e Giorgio Benevento; sei anni per Renato Cassano; cinque anni per Franco Simeoni; quattro anni e otto mesi per Nicola Muni, Costantino Savoia, Mario Masini, Lamberto Gabrielli, Tommaso Milanese, Augusto Rocchi e Ettore Salvatore; quattro anni e sei mesi per Emilio e Fabio Riva e Luigi Capogrosso; infine due anni e sei mesi per il giapponese Hayao Nakamura che prima fu chiamato come consulente, essendo in forza alla Nippon Steel, e poi, per un periodo, è stato anche amministratore delegato con la gestione pubblica.
22 maggio 2014
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