giovedì 31 luglio 2014

Vertek di Condove. Una situazione catastrofica

Nessuna offerta vincolante di acquisto. Produzione in calo. Operai in un limbo, e a settembre scade il contratto di solidarietà.

di Massimo Bonato
Il 14 luglio un nuovo rinvio ha procastinato l’esame di possibili soluzioni per l’avvenire degli impianti della Vertek-Lucchini di Condove. Il 16 luglio il sindaco di Condove, Emanuela Sarti, scrive al presidente della Giunta Regionale del Piemonte, Sergio Chiamparino, una “richiesta di interessamento della Regione Piemonte”. Istanza che si aggiunge alle sollecitazioni già mosse da Rsu e Fiom, ma rimaste lettera morta. Il 29 luglio viene finalmente approvata la mozione presentata dal consigliere Francesca Frediani (M5S) in Consiglio Regionale, in cui viene richiesta alla Regione interesse, presenza e azioni volte alla salvaguardia dei lavoratori.
L’indiana Jindal South West era disponibile all’acquisto degli stabilimenti di Piombino e Lecco, ma è notizia del 30 luglio, che mentre il Gruppo Arvedi ha formalizzato la proposta di acquisto dello stabilimento siderurgico del gruppo Lucchini della Ferriera di Servola a Trieste («La Nazione»), di Jindal non si sa più nulla da giorni. La Jindal aveva presentato un’offerta vincolante per l’acquisto, offerta giudicata insoddisfacente sia dal commissario straordinario Piero Nardi sia dai sindacati, per l’aspetto finanziario come pure dal punto di vista occupazionale. La proposta verteva sulla sola acquisizione dei laminatoi e l’abbassamento a 700 unità gli odierni occupati (2200 operai direttamente impiegati oltre a 4000 dell’indotto). E ora il ministero dello Sviluppo Economico ha autorizzato il commissario straordinario ad aprire una trattativa privata con Jindal, nella speranza che si riesca a strappare qualcosa in più al compratore indiano.
Del resto neanche le altre proposte a livello nazionale possono dirsi soddisfacenti (così come per Jindal a Piombino e Gsi, Duferco-Feralpi per Lecco, Steel Mont e Acc. Venete per Gsi), giudicate lontane dai parametri stabiliti dalle perizie per la cessione, stando a quanto riporta il «Sole 24Ore» di lunedì 21 luglio.
Nell’elenco Condove non compare: non ha offerte vincolanti, ma soltanto due manifestazioni di interesse, come rivela Mario Circhirillo Rsu Fiom-Cgil della Vertek di Condove. Due manifestazioni di interesse emerse durante un recente incontro con l’azienda all’Amma (Aziende meccaniche meccatroniche associate). Proposte di cui non si sa null’altro se non che l’una parte avrebbe il denaro da investire ma poco interesse, l’altra avrebbe interesse ma scarsità di liquidi. Manifestazioni di interesse, non offerte vincolanti.
“Una situazione catastrofica” dichiara Circhirillo. Da aprile l’alto forno è fermo e si è passati da un volume di 2000/2200 tonnellate di lavorato al mese a 1200 tonnellate. “I clienti vogliono garanzie, ma in regime di amministrazione straordinaria di garanzie non ce ne sono” dice. L’alto forno fermo, il mercato della siderurgia in crisi e con esso per esempio il calo del mercato automotive, i clienti che abbandonano le commesse o le diminuiscono sino a volgere i propri interessi altrove. Via quindi clienti importanti come Cnh, Streparava, Gbr, Tecfor.
Secondo Ivano Franco, funzionario Fiom-Cgil che si interessa alla realtà industriale della Val di Susa “l’unica cosa vera è che pare stravagante che il secondo gruppo siderurgico in Italia venga ridotto a pezzi per essere venduto. Come minimo bisogna parlare di poca lungimiranza da parte del governo”. L’unica cosa possibile da dire, perché senza offerte i lavoratori della Vertek di Condove restano sospesi in un limbo. È ormai agosto. Bisognerà attendere settembre. Il 2 settembre scade infatti il contratto di solidarietà, e si ripresenteranno i due punti sostanziali con i quali fare i conti. Ovvero valutare quale ammortizzatore adottare, in base ai volumi produttivi in calo; se e quale compratore si fosse affacciato all’orizzonte con un’offerta vincolante e non solo con una manifestazione di interesse.
Una proposta informale avanzata lo scorso anno da Alberto Veggio, ex amministratore di Condove, verteva sulla possibilità che fossero gli operai a prendere in mano la situazione dello stabilimento, giovandosi della Legge Marcora. Offrendo in garanzia il proprio Tfr avrebbero potuto progettare una sorta di autogestione; ma appunto la proposta rimase al livello informale. Si pensò pure a una riconversione dello stabilimento per il riciclo di rifiuti a freddo sfruttando la favorevole posizione logistica, vicina alla A32 e alla sede ferroviaria.
“La Vertek-Lucchini è il paradigma della vicenda industriale della Val di Susa” sostiene Ivano Franco. Le amministrazioni locali non hanno potere, la Regione non mostra interesse e il ministero lascia tutto in mano ai commissari straordinari, com’è appunto il caso Vertek in questione. Un tessuto industriale che non può reggersi su amministrazioni straordinarie, commissariamenti, casse integrazioni, ammortizzatori sociali. Per quanto importante sia in Val di Susa la questione Tav, tutta l’energia profusa da certi personaggi politici contro il movimento No Tav e a favore della Nuova Linea Torino Lione, a ben vedere non è che un escamotage per distogliere l’attenzione da quello che Ivano Franco definisce un “vero allarme Val di Susa”. Il rischio è che la dissolta realtà industriale finisca con lo scomparire del tutto nel torno di tre anni. “Sarebbe ora che gli imprenditori tornassero all’imprenditoria e la smettessero di dedicarsi alla finanza”.
M.B. 31.07.14
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