Moncenisio -Vertek:
orgoglio di “classe”, dignità da preservare.
orgoglio di “classe”, dignità da preservare.
Siamo un gruppo di lavoratori
della Vertek di Condove, stabilimento che fa parte dell’ex Gruppo Lucchini con
sede a Piombino, attualmente in fase di commissariamento.
Desideriamo e sentiamo la
necessità di portare a conoscenza di tutti la nostra situazione di precarietà,
in un contesto lavorativo che sta degradando verso un pericoloso collasso
sociale.
La congiuntura economica
nazionale, per troppo tempo ignorata da una politica lontana dalla realtà, sta
infatti operando una trasformazione difficilmente reversibile del mondo del
lavoro; ai licenziamenti e alla chiusura definitiva di aziende anche con nomi
prestigiosi, si associa un abuso dei cosiddetti ammortizzatori sociali che, se
da un lato sopperiscono a mancanze o drastici cali di stipendio, dall’altro
stanno abituando all’inoperosità e generando una crisi di identità in centinaia
di lavoratori, slegandoli dai processi produttivi, costringendoli a pause
forzate sempre più lunghe e a rinunce sempre più severe negli stili di vita.
La deindustrializzazione della
valle ci rende sempre più poveri, e decresce le quote di forza lavoro
trasformando temporaneamente la val Susa in un condensato di inattivi e anche
in un dormitorio, per coloro che sono stati costretti a viaggiare e seguire il
lavoro (dove ancora c’è), a Torino o nella sua provincia.
Noi lavoratori Vertek, percepiamo
ancora l’eredità che ci ha lasciato una delle più importanti realtà produttive
della valle, per non dire del Piemonte, la Moncenisio , più nota
come “la Monce ”,
fabbrica nata ad inizio Novecento dalla volontà di un imprenditore, Fortunato
Bauchiero, che sui modelli dell’imprenditoria “illuminata” europea (ma anche
italiana come Leumann di Collegno), seppe creare un modello di sviluppo
industriale in cui si amalgamavano esigenze produttive ed economiche a
condizioni di vita decorose e a una crescita intellettuale della classe
lavoratrice.
Esattamente l’opposto di quello
che sta accadendo ai giorni nostri.
Alla “Monce” la gente si
guadagnava il pane, e lavorando acquisiva una dignità e una coscienza di classe
che permise lo sviluppo di un sindacato e di capacità organizzative nei momenti
di lotta e di scontro con il “padrone”. Non solo: nel 1970 gli allora 800
lavoratori riuniti in assemblea, approvarono all’unanimità una mozione contro
la fabbricazione di armi e materiale bellico che lo stabilimento stava
producendo. L’iniziativa era nata da un operaio, Achille Croce e dal Gruppo di
Azione Nonviolenta, e fu subito appoggiata dalle organizzazioni sindacali,
obbligando di fatto la direzione a cessare quel tipo di produzione.
Probabilmente un caso unico nella storia dell’industria.
Quell’attenzione intellettuale e
quella capacità di interpretare al meglio i rapporti col datore di lavoro, sono
l’eredità che sentiamo di aver recepito dai nostri colleghi e compagni di
lavoro del passato, un insegnamento che ci ha permesso negli anni, di lavorare
e collaborare, ma anche di opporci a tentativi di abuso, autoritarismo o cattiva
gestione aziendale.
Abbiamo imparato che il “lavoro”
è un principio costituzionale e base per una società civile, e non una parola
astratta nata dalla bocca dei politici. Abbiamo capito che la privazione del
lavoro è intollerabile all’uomo, e che il “posto di lavoro” ha dato una dignità
alla nostra vita, un senso alle nostre giornate, un valore ai nostri risparmi.
Tutto questo fino a ieri.
Oggi le cose stanno cambiando, in
peggio come si è detto, e particolarmente per noi lavoratori della Vertek,
perché non abbiamo più un’azienda a cui fare riferimento in quanto la stessa è
stata commissariata. Viviamo giorno per giorno di quelle poche notizie che
trapelano dai giornali locali come il Tirreno di Livorno, e dalle informazioni
che i nostri compagni di Piombino riescono a ottenere; sembra quasi che il
tutto costituisca per il commissario un segreto da non rivelare, e questo non è
mai un bel segnale, né di trasparenza, né di garanzia per il futuro.
Noi non vogliamo vivere di
ricordi, vogliamo mantenere il nostro posto di lavoro e vivere di presente, con
un occhio rivolto al futuro. Ben venga un nuovo acquirente che intenda
rilanciare le produzioni che ormai languono con poche migliaia di tonnellate di
acciaio lavorato al mese, anche se siamo coscienti che il momento è quanto mai
critico per il settore siderurgico e che il presunto acquirente può anche non
arrivare, né subito, né mai.
Noi lavoratori, di concerto con i
rappresentanti sindacali, abbiamo chiesto e ottenuto un incontro con sindaci e
amministratori della valle, la cui presenza ci ha confortato e confermato
quanto il problema del lavoro sia sentito da coloro che, indipendentemente
dagli schieramenti politici, sono stati chiamati ad amministrare la cosa
pubblica e le aspettative dei cittadini e lavoratori della valle.
Dall’incontro è emersa la
necessità di un progetto che coinvolga le varie criticità produttive della
valle, mettendo insieme le esigenze dei lavoratori della Beltrame, della
Vertek, della Selmat, tanto per fare qualche esempio. Progetto da sostenere con
i responsabili di Regione e Provincia e da
rilanciare all’attenzione delle forze di Governo.
Chiediamo quindi a tutti,
amministratori, lavoratori, imprenditori, artigiani e cittadini, di mantenere
alta l’attenzione sulle realtà produttive della valle di Susa, al fine di
scongiurare quella deindustrializzazione verso la quale siamo indirizzati e che
si potrebbe evitare con l’interessamento e la volontà di tutte le forze in
campo.
Facendo nostre le parole “dignità
e lavoro”, rilanciamo il nostro appello al fine di non perdere il bene prezioso
del lavoro e la possibilità che i nostri figli possano vivere in valle di Susa
senza dover emigrare, come fecero i nostri predecessori non troppo tempo
fa.
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